Un ospedale di comunità al Sant’Antonio a Padova. «Adeguiamo le cure alle nuove emergenze»

Previsti 50 letti su due piani, entro l’autunno attivi i primi 28 al nono piano. Il manager: “Garantiti i posti per acuti”

Simonetta Zanetti
Il Sant'Antonio in via Facciolati
Il Sant'Antonio in via Facciolati

PADOVA. Sorgerà a Padova il primo ospedale di comunità del Veneto all’interno di un’Azienda ospedaliera. Cinquanta posti letto dedicati, una volta a regime, all’interno del Sant’Antonio.

Ormai è questione di portare a termine le procedure burocratiche – in corso la definizione gli ultimi accordi con l’Usl 6 – e i primi 28 posti al nono piano della struttura di via Facciolati dovrebbero essere operativi già in autunno. Si parte con una spesa di 50 mila euro, quindi toccherà ai lavori all’ottavo piano per un importo ulteriore di 605.554 euro e la destinazione di altri 22 posti.

La realizzazione dell’ospedale di comunità all’interno dell’Azienda rientra nell’attuazione, a livello regionale, del Piano nazionale di ripresa e resilienza e passa per il ridisegno di alcuni reparti – come in questo caso la lungodegenza del nono piano – con l’obiettivo di arrivare a una maggiore appropriatezza sul fronte della gestione tanto delle risorse, quanto delle cure.

«Non ci sarà alcuna rinuncia alla dotazione di posti letto dei reparti ordinari, destinati ai pazienti acuti» chiarisce il direttore generale dell’Azienda Ospedale Università Giuseppe Dal Ben «intanto partiamo con i primi 28 posti, già autorizzati e accreditati che utilizzeranno gli spazi che ospitavano pazienti in lungodegenza. La nuova dotazione è prevista dal Piano Integrato di Attività e Organizzazione, strumento che ogni tre anni detta le linee guida dell’attività dell’Azienda Ospedale Università, secondo la normativa, esplicitando le schede di dotazione ospedaliera».

A guidare il ridisegno di alcuni servizi, proprio le più recenti emergenze sanitarie, dal Covid al West Nile: le risorse del Pnrr verranno infatti impiegate per realizzare una struttura “cuscinetto” tra la fase acuta e il ritorno a casa – spesso complicato – ricavando un luogo di cura appropriato per dare risposte alla nuova condizione dei pazienti.

«Il progetto ha caratteristiche profondamente innovative: si tratta del primo ospedale di comunità ospitato in Veneto all’interno di una struttura di un’Azienda ospedaliera» conferma Dal Ben «gli obiettivi, le caratteristiche, le peculiarità di questa struttura sono stati sviluppati con la Regione, che ha condiviso l’obiettivo di porre al centro le esigenze dei pazienti e delle loro famiglie, andando a rafforzare i servizi dedicati ai lungodegenti, in stretto collegamento con i reparti di provenienza. Sarà ovviamente l’Azienda a gestire spazi e personale: questo in stretto dialogo anche con le strutture sanitarie del territorio. Il ruolo degli ospedali di comunità è assistere tutti quei pazienti che tecnicamente andrebbero definiti “ospiti” e che non hanno le caratteristiche dei pazienti “acuti”. Si tratta di persone in condizioni stabili, che possono essere dimesse dai reparti che curano l’ambito medico specifico, ma che nel contempo continuano ad aver bisogno di cure e assistenza, spesso per periodi piuttosto lunghi, che sarebbe difficile gestire a domicilio. Un sostegno importante anche per le famiglie, che possono contare su un percorso post ricovero che aument a di efficacia».

Un adeguamento imposto anche dalle mutate esigenze assistenziali: «Covid e West Nile hanno inciso fortemente sui ritmi ospedalieri ai quali eravamo abituati prima della pandemia» conclude il manager di via Giustiniani «centinaia di pazienti hanno avuto bisogno di cure per lunghi periodi, secondo percorsi che hanno davvero attraversato tutti gli ambiti ospedalieri: dai reparti ordinari alla Terapia Intensiva, per poi sfociare in tutte le branche della medicina e dell’assistenza sanitaria che si occupano del recupero post ricovero. Alcune persone sono state curate per settimane, talvolta mesi, dovendo poi affrontare un percorso non semplice per tornare in famiglia, per riprendere la migliore normalità possibile. L’avere un ospedale di comunità all’interno dell’Azienda aiuta sicuramente a “cucire” un percorso assistenziale ancora più efficace, sostenendo le famiglie e la comunità nella gestione di pazienti che per lunghi periodi non possono condurre autonomamente le proprie attività».

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