Un padovano racconta: "Ho visto Alessia e Livia al casello"

Il caso delle gemelline svizzere scomparse, una testimonianza porta a Padova. La Procura ha aperto un fascicolo. Alessia e Livia, sono figlie dello svizzero Mathias Schepp, che si è ucciso a Cerignola
PADOVA. «Ho visto le gemelline in zona industriale. Vicino al casello». E' strettissimo il riserbo attorno alla denuncia presentata ai carabinieri da un uomo che l'altro giorno si è presentato in caserma a Padova con un groppo in gola. Le «gemelline» non sono altro che Alessia e Livia, le figlie dello svizzero Mathias Schepp, l'uomo che, dopo averle rapite, è stato trovato morto suicida lungo la ferrovia nel foggiano, a Cerignola, a fine gennaio.


Dal giorno del ritrovamento del cadavere di Schepp è iniziata una ricerca spasmodica delle due bimbe, nella speranza di ritrovarle sia in vita che in buona salute. L'uomo, ai militari padovani, giovedì mattina, ha raccontato di essere convinto che fossero le due gemelline quelle che ha visto. E ha fornito numerosi particolari. La denuncia è finita sul tavolo del sostituto procuratore di turno Maria D'Arpa che ha aperto un fascicolo. In casi come questi la cautela non è mai troppa.


Anche perché la vicenda delle gemelline Schepp colpisce emotivamente. Lo dimostra il fatto che dal giorno della loro scomparsa si sono moltiplicate le segnalazioni di avvistamenti. Non per nulla sono in corso anche a Varese accertamenti dopo la segnalazione arrivata sempre giovedì mattina alla Polstrada relativa al presunto avvistamento delle due gemelline. Secondo quanto riportato da un quotidiano locale l'avvistamento sarebbe avvenuto nel tratto di autostrada A8 tra Busto e Gallarate in direzione Milano. A farla una automobilista che si dice sicura di averle riconosciute a bordo di una Bmw nera. Non è la prima segnalazione che nelle ultime settimane arriva dalla Lombardia: il 13 febbraio scorso alla trasmissione «Chi l'ha Visto?» aveva telefonato una coppia sostenendo di aver visto Livia e Alessia in un centro Commerciale di Cantù.


Il giorno successivo un giornalista era «incappato» nel racconto della titolare di un negozio di giocattoli nel centro commerciale di Tavernola, rione di Como. La donna aveva sostenuto di essere quasi certa che fossero loro e che erano in compagnia di una donna sui 30 anni e di un uomo che avevano comperato alle due bambine altrettanti peluche. Nei giorni successivi era stato un uomo a rivolgersi alla polizia di Como per dire di averle viste su un bus in centro città. Ora l'attenzione si sposta a Padova, in zona industriale.

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