Un reparto da terzo mondo per le gravidanze a rischio

Il Pronto soccorso ostetrico non ha spazi in grado di garantire privacy e comfort La Uil rilancia la protesta di pazienti e personale. La ristrutturazione è sospesa
Di Elisa Fais

C’è un’insegna luminosa, spezzata a metà. La scritta - “Accettazione ostetrico ginecologica” - si legge con fatica Poi c’è un unico piccolo ambulatorio che accoglie le pazienti e in mezzo alla sala d’attesa c’è un magazzino improvvisato. Il reparto di prima emergenza dell’Azienda ospedaliera, dedicato ai problemi ostetrici e ginecologici, si presenta così. Comprensibile lo sconcerto delle utenti, ma anche il malumore del personale di servizio, che nelle ultime settimane ha trovato un megafono nella Uil. «Abbiamo ricevuto diverse segnalazioni da infermieri e operatori socio sanitari», spiega Luigino Zuin della Uil, «basta affacciarsi al Pronto soccorso ostetrico per capire che non è possibile offrire alla cittadinanza alti livelli di assistenza in un edificio da terzo mondo».

Il Pronto soccorso ostetrico è nello stesso stabile del reparto di Divisione ostetrica. Ha un ingresso autonomo per le ambulanze e funziona come un qualunque Pronto soccorso generale. Garantisce circa 18 mila prestazioni all’anno. Le donne arrivano qui per problemi durante la gravidanza, quando inizia il travaglio, per emorragie, per sanguinamenti improvvisi dopo la menopausa, per infezioni acute dell’apparato riproduttivo e non solo. Ci lavorano sei infermieri e sei oss a tempo pieno. Inoltre si turnano, a giorni alterni, un medico del gruppo della Divisione ostetrica e uno specializzando del team della Clinica ostetrica. Detto dell’ingresso, che è un pessimo biglietto da visita, i problemi sono tanti. «C’è un magazzino allestito al centro della sala d'attesa. Tende blu cercano di coprire invano macchinari in disuso e barelle accatastate», denuncia Zuin. Le donne che accedono in emergenza vengono visitate in un solo ambulatorio di circa 9 metri quadrati. Quando è già occupato, il personale è costretto a iniziare il triage in sala d'attesa. «Non esiste privacy», aggiunge Zuin. «E non si possono nemmeno aprire le finestre per areare l’ambiente, perché siamo al piano terra, poco più in là c'è un Cup e c’è un transito continuo di persone. Se le finestre sono aperte, chiunque può vedere e sentire tutto. Il personale e i medici fanno il possibile, ma le condizioni di lavoro lasciano a bocca aperta». Gli ambulatori contigui, molto più ampi, sono invece riservati all'attività in libera professione. Il personale del Pronto soccorso ostetrico può usufruire solo di un minuscolo ufficio “multiuso” dove ci sono pc, documenti, archivi, un microonde, telefoni, un fax e anche un’autoclave. Già da qualche anno è stato annunciato un progetto di ristrutturazione dei reparti di ostetricia di via Giustiniani, ma è tutto fermo. La direzione generale dell'azienda ospedaliera fa sapere che non è previsto l'avvio di alcun cantiere a breve termine. Il progetto è bloccato fino a che non sarà chiaro il destino della Clinica pediatrica.

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