Un terzo dei negozi è rimasto chiuso

ALBIGNASEGO. Nonostante le direttive di Aspiag fossero chiare e da mesi si sapesse che i centri commerciali Ipercity di Albignasego e Le Brentelle di Rubano il giorno di Santo Stefano sarebbero rimati aperti, molti dei negozi all’interno hanno preferito contravvenire agli accordi e rimanere chiusi. Un terzo circa degli esercizi commerciali ha tenuto quindi abbassate le saracinesche.
Il pienone di clienti si è avuto ieri mattina al centro Ipercity, con la coda per entrare e uscire e i clienti che hanno affollato il supermercato Interspar. Al pomeriggio a Le Brentelle, invece, era presente la stessa moderata folla del sabato. Tante persone camminavano e sorseggiavano caffè e cioccolate calde ai bar, nessuna aveva sacchetti in mano con gli acquisti. Gli unici clienti in coda erano all’interno di un negozio di telefonia, forse a farsi attivare Sim e promozioni nuove.
A voce bassa una commessa, sola dentro al negozio in cui lavora, osserva: «Avrebbero fatto meglio a tenere chiuso l’intero centro commerciale» e un altro commesso si lascia sfuggire a denti stretti l’ammissione che non è stata una grande idea e che sarebbe stato meglio poter vivere la fseta in famiglia. Non era il solo a lavorare ieri, altre categorie professionali erano in servizio, ma il detto “mal comune mezzo gaudio” non è bastato a consolarlo. Molto più allettante sarebbe stato il divano di casa.
Il malumore verso l’apertura a Santo Stefano serpeggiava già da questa estate, quando in occasione del Ferragosto la direzione dei due centri commerciali aveva annunciato che sarebbero rimasti aperti, così come il 26 dicembre: hanno brontolato in molti, poi hanno tenuto aperto tutti, tranne Trony a Le Brentelle (che aveva aderito allo sciopero indetto dai sindacati) aveva abbassato la saracinesca e lasciato liberi i dipendenti di andarsene al mare o a organizzare gigliate con gli amici in giardino. Stavolta no, forse perché il Natale è “sacro” e sentito come una festa da trascorrere in famiglia, i negozi chiusi sono stati ben più numerosi.
Il cartello affisso alla porta della libreria Mondadori all’Ipercity ha riassunto un pensiero diffuso: «Abbiamo pensato che, nonostante l’apertura del centro commerciale, fosse importante passare quel giorno in famiglia».
Analogo cartello è comparso a Le Brentelle al negozio Photoprint. Le uniche foto le scattavano al “villaggio natalizio” dove, a dire il vero, pochi bambini aspettavano in fila per farsi immortalare in compagnia dei pupazzi di neve.
Una ressa si è registrata al mattino all’Ipercity, dove era impossibile trovare parcheggio se non grazie ai posteggiatori. Code in entrata e in uscita per immettersi su Strada Battaglia. Roba che solo nei giorni prima di Natale si vede. Eppure c’era chi, nonostante i lauti cenoni e i pranzi pantagruelici, non ha rinunciato ad acquistare alimentari. I clienti hanno affollato il supermercato, costretto ad aprire tutte le casse. Aperti i negozi delle grandi catene (MediaWorld, H&M, Thun), ma chiusi, come a Rubano, i negozi di intimo del gruppo Calzedonia (Intimissimi e Tezenis compresi). Chiusa anche la lavanderia e un paio di negozi di abbigliamento e calzature. Swarovski era aperto ad Albignasego e chiuso a Rubano, dove sono rimaste abbassate le serrande anche di Benetton, Forpen e il Calzolaio. All’Interspar lavoravano nel pomeriggio solo 12 casse su 27. I dissidenti dello shopping rischiano la multa: il regolamento dei centri commerciali parla chiaro: quando si apre un punto vendita, si accettano anche orari e date di apertura. Ma la tradizione del Natale in famiglia è stata più forte del business e delle regole.
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