Una bimba con gli stessi Pfas degli adulti «Ma mi dicono di non preoccuparmi»

Laura Facciolo lancia l’allarme per la figlia di nove anni e per gli altri minori «svezzati a semolino e perfluoroalchilici»



«Stia tranquilla, i Pfas nel sangue di sua figlia sono in linea con le medie della popolazione che vive in “zona rossa”». Peccato che la bambina in questione abbia nove anni e che le medie riguardino adulti, quindi pazienti con chili e centimetri in più, e con metabolismi decisamente diversi. Peccato che quella bambina, quasi sicuramente, ci sia nata con i Pfas nel sangue, a differenza di qualche adulto che ha fatto in tempo a bere acqua pulita. Peccato che quei sanitari si siano trovati di fronte una delle “mamme no Pfas”, difficilmente rassicurabili con qualche dato sparato nel mucchio.

Laura Facciolo, oltre a essere una mamma di Montagnana attiva da sempre nella battaglia contro l’inquinamento da Pfas, è anche una professionista impegnata nella ricerca farmaceutica e in particolare in ambito oncologico. Per questo motivo, quando medici e sanitari dell’ambulatorio di Noventa Vicentina, qualche settimana fa, le hanno presentato gli esiti degli esami di sua figlia, condendo il tutto con ampie rassicurazioni, la donna non ci ha visto più.

LO SCREENING

La figlia di Laura ha partecipato allo screening sanitario previsto dal Piano di sorveglianza attivato dalla Direzione prevenzione dell’Area sanità e sociale della Regione, in relazione all’inquinamento da Pfas nel Basso Veneto. L’altra settimana mamma e figlia si sono presentate in ambulatorio a Noventa Vicentina per ritirare gli esiti degli esami del sangue. «Per convincermi che il risultato non era preoccupante, hanno tentato di paragonare i Pfas nel sangue di mia figlia alla medie della popolazione adulta che abita in “zona rossa” (l’area di massima contaminazione da Pfas, ndr) da dieci anni, utilizzando i dati del report regionale dello scorso ottobre».

Per la cronaca, Laura ha sette nanogrammi di Pfas per millilitro di sangue, mentre la figlia sale a 27,6. In Italia la media “tollerata” va da 0 a 8 nanogrammi, calcolata peraltro soltanto con adulti e con un numero ristretto di persone. Laura è venuta ad abitare a Montagnana nel periodo di picco dei Pfas nell’acqua, e ha avuto le sue gravidanze proprio in quegli anni. Sua figlia, evidentemente, è stata svezzata «a semolini e Pfas», come sottolinea lo stesso genitore.

La reazione alterata della madre di fronte ai medici è stata inevitabile: «Ho fatto presente che in quel report non ci sono dati riferibili alla popolazione pediatrica, per cui era del tutto inutile che tentassero di convincermi che andava tutto bene. Poi ho chiesto se conoscessero le medie di Pfoa nella popolazione pediatrica di altri Paesi e il risultato è stato una scena muta. Ho anche chiesto se avessero cognizione del fatto che il metabolismo dei bambini è diverso ed è diversa la loro capacità di accumulare queste sostanze rispetto agli adulti». E ancora: «A differenza degli adulti, i nostri bambini avevano certamente queste sostanze nel loro sangue già al momento della nascita, visto che quando sono nati l’inquinamento della falda era già avanzato».

TANTI DUBBI

I dubbi e le rimostranze snocciolati da Laura Facciolo davanti ai medici di Noventa Vicentina sono solo alcuni di quelli che gli attivisti “no Pfas” lamentano sul fronte del monitoraggio sanitario regionale, e in particolare nelle modalità riservate al controlli dei bambini.

«Innanzi tutto è assurdo che in questo screening non vengano coinvolti i pediatri, che conoscono la storia dei loro assistiti. Nemmeno i prelievi del sangue sono effettuati da personale pediatrico. Eppure conosciamo un pool di pediatri vicentini che si erano resi disponibili a partecipare al Piano: la loro disponibilità non è stata presa in considerazione» spiega Facciolo «C’è poi tutto l’aspetto psicologico, mai banale se si parla di bambini: non c’è alcuna preparazione né percorso per i piccolini, addirittura durante la visita ambulatoriale viene riferito direttamente a genitori e bimbi il valore riscontrato nel sangue. Quando siamo usciti mia figlia, che pur conosce la materia visto il mio attivismo, era particolarmente toccata e mi ha chiesto: “Mamma, ma perché ho i Pfas nel sangue?”. Si è sempre parlato di acqua sporca e di acqua pulita, ma far riferimento al proprio sangue è qualcosa di molto più impattante».

Altra anomalia: gli esiti di questo screening non vengono caricati nel Fascicolo Sanitario Elettronico (quindi nella storia sanitaria del soggetto, disponibile a tutti i medici che si occupano di lui), eppure è già emerso che la contaminazione del sangue ad opera dei Pfas ha collegamenti e riflessi su disfunzioni, come l’aumento del colesterolo o la diminuzione della fertilità.

GLI ALTRI BIMBI

In base al Piano di sorveglianza sanitaria, la Regione ha già spedito, nel 2018, 3.840 inviti a minori per partecipare alle attività di screening: 1.212 a nati nel 2003, 1.312 a nati nel 2008 e 1.316 a nati del 2009.

Più di qualche genitore lamenta il fatto di non aver ricevuto ancora un invito per il proprio figlio che pur vive nella “zona rossa”, la più contaminata. Nulla di strano: il Piano prevede delle chiamate scaglionate da qui al 2022. Quest’anno toccherà a 1.343 nati nel 2004 e 1.337 nati nel 2010, nel 2020 ai 2005 e 2011, nel 2021 ai 2006 e ai 2012 e nel 2022 ai 2007 e ai 2013 e 2014. «Anche questo non ci rassicura» spiega Facciolo «Entro il 2022 gran parte di questi bambini avranno ripulito il loro sangue e sicuramente i valori di Pfas saranno più bassi di quelli attuali. Ma è lecito chiedersi cosa, nel frattempo, le elevate percentuali di Pfas avranno generato nei loro organismi?». —



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