Una padovana stella del Bolshoi «Il segreto è la determinazione»

Nina Bottacin, premiata ieri dal Comune: «Ho lavorato sodo, ma il mio futuro è sul palco» 
TOME' - AGENZIA BIANCHI - PADOVA - CONSEGNA TARGA A NINA BOTTACIN
TOME' - AGENZIA BIANCHI - PADOVA - CONSEGNA TARGA A NINA BOTTACIN

il talento

È una donna “tosta” , lo sa e non ne fa mistero. D’altra parte Nina Bottacin ha avuto come esempio mamma Francesca che ha cresciuto una figlia da sola e ne ha coltivato, prima di tutto, l’intelligenza: il più prezioso dei talenti. Che assieme a due piedini magici hanno portato Nina a diplomarsi alla Bolshoi Ballet Academy di Mosca. A soli 18 anni è la prima padovana a vantare questo titolo. Tanto che ieri, in sala giunta, l’assessore allo sport Diego Bonavina e il presidente del consiglio Giovanni Tagliavini, le hanno consegnato la targa della città. «Nina è una bella notizia – ha scandito Bonavina – che dimostra come lavoro duro, determinazione e impegno portano ovunque una giovane donna desideri». Nina è giovane, ma perfettamente consapevole di cosa significhi diplomarsi a Mosca, tra i migliori talenti russi, le étoiles indiscusse del balletto: «Quando sono partita per Mosca – racconta – avevo 14 anni e forse non mi rendevo conto di essere la prima padovana ad intraprendere questa strada, ma ho sentito sempre la responsabilità e l’onore. Ho lavorato sodo e non mi sono tirata indietro di fronte alla fatica. Ma credo che sono adesso mi sto fermando per guardarmi indietro». Con la targa in mano si apre in un sorriso luminoso: «È bellissima – dice alla mamma – starà benissimo in camera mia. In qualche modo questa cerimonia mi dà la soddisfazione che non ho avuto alla cerimonia dei diplomi, saltata causa Covid. Amo Padova, amo la mia città anche se sono attratta dalle opportunità internazionali».

Tutto è cominciato ad 8 anni con una lezione che la fece innamorare perdutamente della danza. Ad 11 anni Nina è partita per Cannes, in Francia, dove ha iniziato a studiare sul serio: «Mamma veniva spesso a trovarmi, ero in Europa – racconta – non mi è sembrato così difficile». Tutt’altra faccenda la Russia: «Quando mi hanno chiamata dalla Bolshoi (dopo un campus di prova all’università di Urbino, dove lavora la mamma) ho detto no più volte. Ero già decisa a partire per una scuola di danza a Zurigo. Mosca mi sembrava un’idea troppo grande». Invece, unica “straniera” insieme ad una giovane giappo-americana, ha tenuto testa ai suoi compagni russi; ha imparato il russo («Non avevo scelta: i prof parlano solo in russo. Ma adesso posso insegnare e tradurre») e superato i momenti di sconforto con una caparbietà che è un altro talento: «Sono una persona che si butta e secondo me questo è il miglior modo di vivere – rivela – Da ultimo il lockdown, da marzo a giugno, mi ha provato: non ci facevano uscire ed eravamo in dieci in tutta l’Accademia, ma mi sono allenata tutti i giorni e sono qui a raccontarlo come un’altra esperienza di vita».

Il futuro? «Il momento è complicato, ma io m’immagino in un qualunque teatro del mondo, magari a ballare sui passi di Romeo e Giulietta di Jean Christophe Maillot. Devo molto a mia madre, mi fa ridere che nel 2020 si pensi ancora che la famiglia sia solo quella tradizionale. Io sono cresciuta con un solo genitore: mia madre mi ha insegnato che gli unici limiti sono quelli che ci mettiamo da soli».



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