Una vittoria tinta di arancione

Uno sconfitto e un vincitore, entrambi nel segno del Pd. Sconfitto è il partito su scala nazionale, in questa grigia rancorosa stagione sotto la guida di Matteo Renzi. Il vincitore a Padova si chiama Sergio Giordani che, caso unico in Italia, nel turno elettorale di ieri è riuscito a conquistare un grande Comune nonostante il Pd, ossia il principale partito della sua variopinta alleanza.
Ma se Giordani ha prevalso su Massimo Bitonci, presidente veneto della Lega Nord, nonché sindaco uscente di Padova, dipende in primis da un fattore del tutto atipico e dunque particolarmente interessante: dipende dal patto che Giordani, imprenditore pragmatico capace di rassicurare l’elettorato moderato, ha stretto con Arturo Lorenzoni e la sua Coalizione civica.
Sarebbe assai improprio tracciare un parallelo tra le dinamiche nazionali e quelle peculiari di un ambito territoriale, sia pur rilevante qual è Padova. Ma in buona sostanza Lorenzoni, docente universitario di estrazione cattolica, ha impersonato un movimentismo civico per tanti versi assimilabile all’esperienza “ arancione” di Giuliano Pisapia.
Sta qui uno dei dati politici essenziale della sfida padovana. Va da sé che in questo duello lo sconfitto si chiama Bitonci: Padova ha rigettato il suo stile rozzo e una visione politico-culturale di rara modestia. Ma Giordani non avrebbe avuto chances, senza l’asse con Lorenzoni e senza la mobilitazione e il diffuso entusiasmo, soprattutto giovanile, che la sua proposta ha saputo suscitare.
Una riprova puntuale di tale straordinarietà emerge sin dai dati dell’affluenza, poiché Padova è tra tutte la città che meno voti ha disperso tra primo turno e ballottaggio (calo di appena 3 punti). Poche astensioni, perché evidentemente la mobilitazione era molto forte e così le motivazioni al voto.
Da domani Padova volta pagina e toccherà ai due uomini del tandem trovare un ritmo di pedalata sincrono: la compatibilità della forma mentis e dei programmi e della visione di Giordani e Lorenzoni troverà misura nei fatti.
Sfida di grandissimo impegno, poiché Padova ha largamente perduto il senso di sé e i tratti della sua identità. Padova è smarrita. Ma vi sono ragioni e patrimonio – tra tutti citiamo l’ateneo - per confidare in un riscatto.
Vi sarà in primis da restaurare il ruolo della città su scala regionale e nazionale. Occorre sottolineare i caratteri di eccezionalità della vicenda padovana, poiché sarebbe assai fuorviante rubricare Giordani sindaco genericamente alla voce “centrosinistra” laddove intendessimo in questa definizione un primato assoluto del Pd.
Che il partito democratico sia in crisi, lo dicono tutte le piazze chiamate ieri al voto. Lo conferma in Veneto pure Belluno, dove il sindaco uscente Jacopo Massaro è stato riconfermato a prescindere dal Pd. Massaro è leader di una esperienza civica di centrosinistra, contro la quale i colonnelli locali del partito di Renzi hanno da subito giocato contro.
Forse proprio dalla rete dei sindaci e dalle concrete esigenze dell’amministrare e badare alle comunità locali il Pd dovrebbe ripartire, piantandola con veti incrociati e personalismi (in una sorta di vuoto pneumatico di autentiche personalità).
Nota a margine: merita di essere considerato a sé il caso di Abano, dove ha prevalso il candidato di centrosinistra Federico Barbierato; con queste elezioni finisce davvero in archivio l’era sciaguratissima di Luca Claudio, un sindaco che taglieggiava su scala industriale e che, in pari tempo, godeva di largo seguito popolare. Nesso che merita di non passare sotto silenzio.
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