Università e social: «Il Bo imbavaglia i suoi dipendenti»

Sindacati contro il Codice di comportamento dell’Ateneo: «Lavoratori a rischio perché esprimono le loro opinioni»

PADOVA. L’ateneo non ammette critiche? I dipendenti potrebbero essere sanzionati per quello che scrivono su Facebook o blog. L’allarme è stato lanciato dal sindacato Confsal Cisapuni con tweet: «L’Università di Padova vuole mettere il bavaglio ai dipendenti. Non più commenti sui social network che possano recare danno all’immagine dell’ateneo. Sanzioni disciplinari per i trasgressori». Alla base della protesta, il codice di comportamento di cui l’Università si dovrà dotare per recepire le nuove norme anticorruzione.

Una bozza del documento è stata inviata ai dipendenti, alle organizzazioni sindacali e pubblicata sul web (www.unipd.it/proposta-codice- comportamento) per dare a tutti la possibilità di presentare le proprie osservazioni, entro il 14 luglio. Dopodiché il testo dovrà essere discusso e approvato dal Consiglio di amministrazione, che dovrà prendere in considerazione le osservazioni, ma potrà anche non tenerne conto. Il passo incriminato è l’articolo 10, dedicato ai comportamenti nei rapporti privati, dove si legge, al comma 2: «In tutte le proprie attività private, ivi inclusa la partecipazione a siti web e social network, il lavoratore pone particolare cura al fine di non recare danno all’immagine dell’Ateneo».

In una nota, la Confsal Cisapuni Università di Padova ha osservato che «si è colta l’occasione per sconfinare dalla finalità iniziale e sono state inserite delle norme che descrivono comportamenti del pubblico dipendente che poco hanno a che fare con le strategie di prevenzione alla corruzione. Alcuni passaggi sono palesemente illegittimi perché entrano nella sfera privata, violano diritti costituzionalmente garantiti quali la libertà di manifestazione del proprio pensiero». La nota richiama l’articolo 21 della Costituzione e lo Statuto dei lavoratori. «Con questa norma, che non ha nulla a che fare con la corruzione», osserva Matteo Padovan, segretario provinciale Confsal Cisapuni, «ogni opinione manifestata pubblicamente dal dipendente può avere conseguenze disciplinari, limitando fortemente la libertà di espressione dei lavoratori. Questo è tato più grave per quanto riguarda l’attività sindacale, perché ogni denuncia di determinati comportamenti potrebbe essere considerata un danno all’immagine dell’ateneo».

È la seconda volta in pochi mesi l’Università viene accusata di censura.

Recentemente il sindacato degli studenti aveva denunciato la presenza di alcuni filtri che impedivano il libero accesso al web nelle residenze Esu. E solo pochi giorni fa l’amministratore Rocco Bordin è intervenuto per garantirne l’eliminazione.

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