«Usl 16 incorpori via Giustiniani» Un altro progetto per Padova

Presentato ieri in Regione l’emendamento di Forza Italia che prevede due nuovi soggetti l’Azienda Sanitaria Universitaria con 18 Comuni e l’Usl Provinciale Euganea con altri 86
PD 28 ottobre 2004 G.M...Interviste in ospedale. ..(CARRAI) Interviste in ospedale - Carrai
PD 28 ottobre 2004 G.M...Interviste in ospedale. ..(CARRAI) Interviste in ospedale - Carrai

Nell’infuocato dibattito sul futuro della sanità padovana, spunta un nuovo modello di riorganizzazione. Dopo quello che prevede lo scorporo dell’ospedale Sant’Antonio dall’Usl 16 e la sua fusione con Azienda Ospedaliera e Università (caldeggiato dalla Scuola di Medicina e da una parte della maggioranza), ieri in Regione è stato depositato un progetto di segno opposto. Si tratta dell’emendamento alla legge 23 sulla riforma della sanità veneta (che istituisce l’Azienda Zero) e vuole incorporare Azienda Ospedaliera e Università agli attuali distretti 1 e 3 dell’Usl 16 (città, parte della cintura e zona a sud est della provincia) mantenendo gli ospedali Sant’Antonio e Piove di Sacco. Analoga trasformazione è prevista per Verona. Il primo firmatario è il presidente del gruppo consiliare regionale di Forza Italia Massimiliano Barison, componente della V Commissione sanità; lo hanno sottoscritto Massimo Giorgetti, Elena Donazzan e il capogruppo di Indipendenza Noi Veneto Antonio Guadagnini.

Azienda Sanitaria Universitaria. L’incorporazione determinerà la nascita dell’Azienda Sanitaria Universitaria di Padova con un bacino di 377 mila abitanti e dell’Usl provinciale Euganea con 560 mila abitanti. Diciotto i Comuni che vi faranno parte: oltre alla città anche Albignasego, Arzergrande, Brugine, Cadoneghe, Casalserugo, Codevigo, Correzzola, Legnaro, Limena, Maserà, Noventa, Piove di Sacco, Polverara, Ponte San Nicolò, Pontelongo, Sant’Angelo di Piove di Sacco e Saonara. I restanti 86, invece, verranno agganciati all’Euganea insieme alla porzione di Padova facente capo al distretto 2. Gli organi del nuovo soggetto ricalcano quelli dell’Usl: direttore generale, collegio di direzione e collegio sindacale.

Obiettivo della riforma. «L’obiettivo è una maggiore integrazione di Azienda e Università col territorio», precisa Barison, «In questo modo si attuerebbe l’integrazione tra i servizi sanitari e quelli sociosanitari. Va superata la divisione in compartimenti stagni, che è innaturale». Proseguono i firmatari: «I benefici saranno molteplici; hanno come comune denominatore quello di mettere al centro della sanità cittadini e territorio, migliorando nella logica della complementarietà i servizi socio sanitari. Il modello riprende la recente riforma sanitaria del Friuli che va nella stessa direzione, cioè quella di mantenere l’eccellenza sanitaria integrandola per con il sistema socio sanitario territoriale e con la medicina di famiglia, perseguendo l’obiettivo di mettere il paziente al centro dell’assistenza e valorizzando così anche le strutture assistenziali come Rsa, strutture intermedie, hospice. L’integrazione oggi è naturale se si pensa che l’assistenza primaria deve essere in stretto rapporto con quella ospedaliera e che oltre il 60% dei ricoveri che effettua l'Azienda Ospedaliera sono a beneficio di residenti dell’attuale Usl 16». Tale modello permetterebbe inoltre, sostengonoi firmatari, di migliorare i conti: l’Azienda è finanziata in base alle prestazioni, l’Usl in base al numero di utenti. «L’integrazione aiuterebbe a far fronte ai bilanci in rosso», assicura Barison. Quanto alla divisione territoriale, i firmatari sottolineano come «vengono mantenuti gli attuali riferimenti distrettuali e l’utenza equamente distribuita tra le due Aziende-Usl, garantendo la continuità territoriale».

Le critiche. L’emendamento, che deve essere ancora discusso, ha trovato la contrarietà del Pd: «Improvvisazioni», dice il consigliere regionale Pd Claudio Sinigaglia, componente della V Commissione, «Si tratta di proposte dettate da esigenze di tipo economico, legate alla nuova legge di stabilità che prevede il commissariamento degli enti con bilanci in rosso per più di 10 milioni. Le scelte non si possono fare sulla base di tali criteri, ma per migliorare la qualità dei servizi al cittadino».

Sabrina Tomè

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