Veneto Banca, prestiti al setaccio: 50 big sotto osservazione

L’inchiesta per bancarotta si concentra sulla regolarità dei maxi finanziamenti. Nel mirino il fido da 7,6 milioni accordato a Verdini e garantito da Berlusconi
Il "funerale" nell'anniversario della liquidazione di Veneto Banca
Il "funerale" nell'anniversario della liquidazione di Veneto Banca

TREVISO. L’inchiesta per bancarotta sul dissesto di Veneto Banca, resa possibile dalla dichiarazione dello stato di insolvenza da parte del tribunale fallimentare di Treviso, si concentra ora sulla regolarità dei più importanti finanziamenti concessi negli anni da parte dell’istituto di Montebelluna. La Procura di Treviso vuole infatti capire se, attraverso alcuni prestiti a clienti illustri, siano stati distratti fondi dal patrimonio della banca.

I magistrati con ogni probabilità inizieranno passando al setaccio le prime 50 posizioni negli affidamenti nel luglio-agosto 2013, in contemporanea all’ispezione di Banca d’Italia che ha rappresentato l’inizio della fine per Vincenzo Consoli. La maggioranza delle posizioni saranno certamente regolari, nel senso che i finanziamenti erano stati assegnati secondo le regole, ma, sottolineano in Procura, è lì che potrebbe nascondersi una parte delle distrazioni dato che la grande maggioranza dei prestiti di minore entità erano invece coperti da garanzie reali.

Una vicenda che aveva fatto particolarmente discutere era stato il finanziamento di 7,6 milioni di euro dati nel 2012 a Denis Verdini per consentirgli di salvarsi nel crac del Credito Cooperativo Fiorentino. In quella occasione la banca si era cautelata con una fidejussione nientemeno che di Silvio Berlusconi. Ma in questo senso sarà decisiva la relazione degli ispettori della Banca d’Italia secondo i quali all’ex senatore Pdl venne concesso un prestito «senza alcuna valutazione del patrimonio ai fini del rimborso».

Una relazione che rilevava criticità e carenze, affidamenti facili ai “soliti noti”, concessi anche contro il parere dei tecnici e mantenuti a bilancio come se fossero in bonis anche quando diventavano irrecuperabili. Risultato: 1,2 miliardi di sofferenze e incagli non dichiarati. Che hanno esposto l'istituto a forti perdite che poi si sono poi verificate a bilancio tanto che nel 2014 Veneto Banca segnò un rosso di quasi un miliardo causa svalutazioni e rettifiche sui crediti. Nella relazione di Palazzo Koch erano poi citati i casi del gruppo Acqua Marcia di Francesco Caltagirone (poi in concordato preventivo), il gruppo Biasuzzi, la Lotto Sport di Andrea Tomat e la veneziana Boscolo Group: aziende in cui il credito è arrivato nonostante una “situazione difficile”.

E ieri a Treviso il prefetto Laura Lega ha incontrato una delegazione di rappresentanti di associazioni di risparmiatori delle ex banche popolari del Veneto, esponenti di Intesa SanPaolo, della Sga e delle due diocesi della Marca per delineare un quadro definito della situazione venutasi a creare dopo il passaggio di Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza al gruppo guidato da Carlo Messina.

Una componente della platea delle associazioni ha chiesto al prefetto di intervenire presso il Governo per sollecitare l’applicazione del fondo di ristoro da 100 milioni istituito da unna legge di alcuni mesi fa e attraverso il quale, in tranche di 25 milioni l'anno, potrebbero avvenire le prime riparazioni ai risparmiatori danneggiati secondo criteri di priorit che sarebbero definiti dall'Autorità anticorruzione. —


 

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