Incendi e atti persecutori a Vigonza: le vittime chiedono un risarcimento da 2,1 milioni

È il conto chiesto alla famiglia Arcolin, titolare di una ditta di trasporti. Rischiano il processo padre e madre con il figlio e la nuora: si costituiscono parte civile il Comune e due famiglie prese di mira in via Rigato

Cristina Genesin
Le auto incendiate nel giardino dell'abitazione del geometra comunale di Vigonza
Le auto incendiate nel giardino dell'abitazione del geometra comunale di Vigonza

Rischiano di trovarsi a pagare due milioni e 100 mila euro di risarcimento danni. Già, perché le vittime hanno presentato il conto alla famiglia Arcolin titolare della ditta di trasporti “Rosetta Maschio” – padre e madre residenti a Campodarsego, figlio e nuora invece a Vigodarzere – tutti sul banco degli imputati con una serie di accuse (a vario titolo) che vanno dal concorso in atti persecutori aggravati all’incendio doloso aggravato (in almeno due occasioni), alla resistenza a pubblico ufficiale.

Reati contestati dal settembre 2023 al gennaio 2024 quando alcuni abitanti in via Rigato, a Vigonza, e un dirigente del Comune (Enzo Ferrara, responsabile dell’Ufficio urbanistica del Comune vigontino) sono stati presi di mira per aver segnalato i primi e cercato di sanare il secondo una situazione di illegittimità nell’area occupata dall’impresa familiare trasformata in un deposito.

Per mesi minacce, molestie continue anche in orario notturno, fiamme che hanno distrutto auto e anche la casa di una famiglia, esistenze ipotecate dalla paura di subire violenze e dall’ansia di non sapere che cosa aspettarsi una volta fuori dalla porta di casa.

Mercoledì 12 febbraio davanti al gup Padovano Claudio Marassi, chiamato a pronunciarsi sulla richiesta di rinvio a giudizio, si sono costituiti parte civile il Comune di Vigonza tutelato dall’avvocato Andrea Levorato (200 mila euro la richiesta di risarcimento); il dirigente comunale Ferrara e la moglie difesi dall’avvocato Domenico Giuri (250 mila euro e 150 mila euro le rispettive richieste); infine la famiglia B., assistita dall’avvocato Paolo Tabasso (un milione e 600 mila euro).

Presenti anche tre imputati su quattro, Silvano Arcolin, 67 anni, e la moglie Rosetta Maschio, entrambi 57enni di Campodarsego in via Frattina 17; con il figlio Teo Arcolin, 35enne e la moglie (unica assente) Beatrice Zaramella, 31, tutti e due di Vigodarzere: a difenderli gli avvocati Roberto De Nicolao, Pierluigi Tornago, Valentina Bassan ed Ernesto De Toni. Padre e figlio dall’ottobre scorso sono agli arresti domiciliari.

Il pm Francesco Lazzeri, che aveva coordinato l’inchiesta, ha ribadito la richiesta di spedire a processo i quattro che, peraltro, non hanno sollecitato alcun rito alternativo. Il magistrato è stato chiaro: le contestazioni emerse hanno suscitato un forte allarme sociale.

Ancora, gli imputati sarebbero stati gli autori di atti intimidatori, creando forti disagi e provocando pesanti danni. L’avvocato Levorato ha rilevato che il Comune è stato costretto a investire nella zona di via Rigato in impianti di videosorveglianza e pattugliamenti straordinari della Polizia locale e ad affrontare spese legali per gestire il contenzioso con la famiglia Arcolin. Nuova udienza mercoledì prossimo con parola alle difese e infine la decisione del giudice.

«Mi devono legare stasera, altrimenti ti taglio la gola» una delle frasi dette da Silvano Arcolin a una vicina il 18 settembre 2023. Da quel giorno, benvenuti nell’inferno per alcuni residenti compreso il dirigente, preso di mira anche in Comune («Se li trovo per strada li tirerei sotto, soprattutto Ferrara» aveva urlato l’imprenditore con riferimento a duei amministratori e al tecnico il 12 gennaio 2024 durante un’irruzione in municipio).

L’1 maggio 2024 vengono incendiate due auto nel cortile di casa sua, mentre il 16 settembre successivo viene distrutta l’abitazione della famiglia B. mettendo in pericolo una coppia e i loro tre bambini. Azioni pesantissime successive alla decisione del Consiglio di Stato di trasferire al Comune la proprietà di un’area a destinazione agricola comprata dalla ditta “Maschio” in occasione di un’asta. Il motivo? I titolari avevano commesso un abuso edilizio mai sanato, creando un centro logistico. 

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