Violenza sessuale alla tirocinante: infermiere condannato a due anni

L’aggressione era avvenuta in un reparto dell’Azienda ospedaliera. L’uomo, 41 anni, è stato sospeso, ha cambiato lavoro e ora fa l’operaio

Cristina Genesin
L'Azienda Ospedaliera di Padova
L'Azienda Ospedaliera di Padova

Infermiere dell’Azienda ospedaliera finito sotto inchiesta prima e poi sul banco degli imputati con l’accusa di violenza sessuale nei confronti di una tirocinante di origine bellunese, oggi 25enne.

Il 13 gennaio pomeriggio la sentenza: due anni di carcere con la sospensione condizionale della pena per il reato riqualificato nella più lieve, concessione della sospensione condizionale subordinata a percorso di recupero di due anni, sospensione dall’esercizio della professione di infermiere per un anno, risarcimento da stabilire in un eventuale giudizio civile e, infine, pagamento delle spese legali di 1176 euro e di 2625 euro rispettivamente alla vittima e all’Azienda ospedaliera che si erano (entrambe) costituite parte civile tutelate, rispettivamente, dall’avvocata Aurora D’Agostino (la ragazza di origine bellunese) e con il professor Alberto Berardi (l’Azienda ospedaliera).

Il processo

Lo ha deciso il gup padovano Maria Luisa Materia al termine di un giudizio abbreviato nei confronti di E.S., 41enne di Maserà, chiamato a rispondere originariamente del reato di violenza sessuale pluriaggravata poi (appunto) ridimensionata nell’ipotesi di minore gravità.

Un rito alternativo sollecitato dai difensori Paolo Marangoni e Leonardo Massaro – che prevede per legge lo sconto di un terzo della pena – al quale l’imputato è stato ammesso dopo la relazione di positivo superamento di un percorso di cosiddetta giustizia riparativa rilasciato dall’associazione La Ginestra presso la quale l’uomo ha partecipato a una serie di incontri sulla violenza di genere. Il pubblico ministero Sergio Dini aveva sollecitato una condanna a due anni, aderendo alla ricostruzione di un fatto da qualificare come di minor gravità. Tra 30 giorni le motivazioni del giudice chiariranno il tutto.

Licenziato

Si chiude così, almeno in primo grado, la vicenda che era costata a E.S. il licenziamento già deciso in fase di indagine. Nel frattempo il quarantunenne, che ha moglie e due figli, ha cambiato lavoro e, nonostante la laurea in Scienze infermieristiche, ha deciso di fare l’operaio.

Pertanto la sospensione dal lavoro (sia pure della durata di un anno, sempre che sia confermata nel terzo e ultimo grado di giudizio)) non avrà attuazione salvo un ripensamento della sua carriera. La difesa, infatti, ha preannunciato il ricorso in appello pur in attesa delle motivazioni: «Abbiamo sempre sostenuto e continueremo a sostenere che l’imputato non ha commesso il fatto contestato. E non c’è stata alcuna violenza semplicemente perché c’è sempre stato il pieno consenso da parte della ragazza che ha un disturbo di personalità borderline certificato dall’Usl bellunese».

Secondo la pubblica accusa, invece, nessun dubbio sulla penale responsabilità dell’imputato, da qui la richiesta di condanna.

Cosa era accaduto

L’aggressione si è consumata nella notte tra l’1 e il 2 dicembre 2023 nel reparto di Chirurgia generale 1 dell’Azienda ospedaliera. All’alba erano arrivati in reparto i carabinieri, sollecitati da una telefonata dei genitori della ragazza che erano stati raggiunti da una chiamata della figlia chiusa in uno sgabuzzino.

«Il mio tutor mi ha aggredita» aveva spiegato in lacrime la giovane raccontando che, fin dall’inizio del turno verso le 20, l’uomo aveva iniziato a farle proposte e apprezzamenti, passando poi alle vie di fatto con toccamenti sempre più pesanti in un ambulatorio.

La 25enne aveva dichiarato di aver registrato con il cellulare i suoi dinieghi a quelle avances, ma dal sonoro non si è sentito nulla. E aveva pure riferito che due infermiere erano entrate nella stanza dove le violenze sono avvenute e l’infermiere sarebbe stato sorpreso a rimettersi i pantaloni.

Tuttavia le colleghe non avevano notato nulla di strano, mentre la ragazza era stata vista riposare. Altre tirocinanti, interrogate durante l’indagine, confermarono che l’infermiere aveva manifestato approcci pesanti anche nei loro confronti durante gli stage in reparto.—

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