«Volevo essere me stessa» Racconti da una vita trans

«Facevo il magazziniere nei magazzini frigoriferi, dimmi tu, con sette strati di vestiti addosso per non morire di freddo e le scarpe antinfortunistiche, come facevo a dimostrare il mio percorso di transizione?».
Otto anni ci sono voluti ad Artemide B. per diventare ciò che è. Una storia commovente e difficile, nella quale l’evidenza dell’anima si schianta contro l’ottusità della legge. Artemide è nativa della bassa modenese e oggi lavora come autista di scuolabus. “Soavi Feticismi” (Damster Edizioni, 12 euro), è il suo primo libro. Da poco in libreria il volume, che contiene una raccolta di racconti di sole protagoniste femminili, immerge il lettore in un clima gotico, dark ed estremo, pieno di riferimenti letterari, cinematografici, ma anche autobiografici: «Tutti i personaggi femminili del libro hanno qualcosa di me, soprattutto Gunvor di “Due donne a Trondheim” e Hjørdis di “La calciatrice: dò molta importanza a ciò che sento atavico in me, il lato gotico, il lato vampirico, quello saffico e quello amazzone. Il transessualismo invece lo vivo come un percorso di vita concluso, ma non è atavico in me».
Cosa si nasconde davvero dietro a queste pagine, lo spiega Artemide: «In Italia il protocollo prevede la psicoterapia obbligatoria, ne ho fatti 32 mesi. Mentre il protocollo internazionale di derivazione anglosassone lascia più libertà alla persona, il nostro è legato agli stereotipi del maschile e del femminile. Secondo l'Onig (Osservatorio Nazionale sull'Identità di Genere) tu devi dimostrare attraverso un real life test di essere una donna. E io, che facevo il magazziniere, come potevo rientrare nei loro canoni?».
Ecco infrangersi un tragico cliché legato ai transessuali, che li vuole colpevolmente esibizionisti nell’ostentazione delle caratteristiche di genere femminile. Labbra e seni iper-abbondanti, movenze e pose esasperatamente femminili non sono un vezzo: sono un obbligo al quale devono sottostare per dimostrare che sono donne. Ma la vera trasformazione si ha con gli ormoni: «La controprova endocrinologica: grazie alla prolattina senti diversi i capezzoli, i capelli diventano setosi» spiega Artemide, che ha compiuto il suo percorso fino alla fine.
Nel 2008 la mastoplastica. Nel 2010 la vaginoplastica, operazione di sei ore e dodici ore di epidurale. In questa trasformazione Artemide non era sola: «Da quando mi ha vista con il seno mia mamma mi ha capita e mi sostiene». Un percorso difficile per Artemide che, dai racconti si capisce benissimo, è lesbica. Frequenta la scena dark, dove le donne sono bisessuali o “eterocuriose”.
In “Soavi Feticismi” è forte la presenza di una figura: la Vampira. Non è solo conoscenza letteraria. C’è un passo del libro che va sottolineato: «Aase non era mai stata mia durante il mio primo corpo da uomo, non durante il secondo da trans e nemmeno per il terzo da donna. L’ultimo corpo da vampira avrebbe rimediato». Questi quattro corpi Artemide li spiega: «Sono nata con un intersessualismo ormonale, fino ai 16 anni avevo tratti e livelli alti ormoni femminili, le labbra carnose che ho sono naturali, un seno pronunciato. La pubertà maschile arriva in ritardo, perché la mente incide sul corpo. In quel periodo c'è tanta sofferenza, mi si faceva avanti un corpo da uomo non voluto. Mi ritrovavo con metà corpo femminile e metà maschile, un corpo transessuale. Poi finalmente, dopo le operazioni, il mio corpo di donna».
Una storia che racconta un’ unica e grande verità: l’anima non obbedisce agli stereotipi di genere. Ma ci vuole tanto coraggio per dirlo.
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