Zaccaria, ultimi mesi da rettore: «Le istituzioni sono sorde»

Il rettore Giuseppe Zaccaria alla vigilia dell’inaugurazione dell’anno accademico e a tre mesi dal passaggio del testimone, racconta i suoi sei anni al Bo
BARSOTTI - INTERVISTA RETTORE GIUSEPPE ZACCARIA
BARSOTTI - INTERVISTA RETTORE GIUSEPPE ZACCARIA

PADOVA. Non ha intenzione di galleggiare nel trimestre bianco (in giugno le elezioni del prossimo Magnifico) ma «onorerò il mio mandato fino all’ultimo giorno». Giuseppe Zaccaria, 67 anni, rettore dal 2009, parla di risultati ottenuti, problemi insoluti, delusioni incassate e intonse speranze nei suoi sei anni in quello studio al Bo grande come una sala da ballo, grondante storia con i busti, le mappe e i mappamondi antichi, i De Pisis, i Manzù, i mobili di Giò Ponti e puntellato di storie con la maschera del teatro No sul tavolo; l’enorme tòcco di quarzo regalato al Bo da Pietro Giacomo Nonis che fu prorettore prima di diventare vescovo; le foto di famiglia e la montagna di libri personali «che non so come portare via e dove mettere: li regalerò alla biblioteca credo».

Domani cerimonia di inaugurazione del 793° anno accademico al Bo, ospite Xavier Prats Monné, direttore generale per l'educazione e la cultura della Comunità Europea. E dall’Europa parte il rosario di guai che Zaccaria sgrana in anticipo, e che ribadirà nel suo discorso ufficiale. Dall’università italiana che sconta a livello europeo la scarsa attenzione e gli scarsi fondi pubblici ai finanziamenti comunitari (88 milioni) che rischiano di essere convogliati verso gli Stati del Nord (Svezia, Germania, Norvegia dove i finanziamenti statali agli atenei sono aumentati del 20 per cento) lasciando indietro l’Italia, dove il contributo pubblico è diminuito del 15 per cento. Con un’ attenzione speciale ai “saperi inutili”, quelli umanistici, che rischiano di essere sacrificati alla logica del “mercato”: nel senso, «se dobbiamo inventarci il rapporto con un’aziendina per studiare magari il Rinascimento, diciamo che è avvilente». Oltre che arduo assai.

Un altro affondo è per gli spaventosi tagli riservati all’università, annus horribilis il 2013: «ma noi siamo riusciti ad aumentare del 40 per cento le risorse da finanziamenti esterni e compensare i tagli», continua il Magnifico in scadenza, passando ad un altro vanto: il massiccio programma di reclutamento di docenti e ricercatori attuato sotto il suo rettorato e le molte risorse destinate ai giovani. Giusto un esempio, l’ultimo: il progetto “giovani studiosi” che prevede un assegno al laureato o allo specializzato che lavorerà su un proprio progetto, scegliendosi i collaboratori.

Si lustra le medaglie del riconoscimento della Scuola Galeiana («ora la battaglia con il ministero è per il finanziamento delle Scuole superiori»), della crescita dei servizi agli studenti (uno per tutti il Fiore di Botta alla Stanga), degli undici corsi di laurea e dei cinque master in inglese; delle immatricolazioni aumentate a fronte del -14 per cento su base nazionale; del piano strategico triennale approvato a fine 2013, «una cornice di riferimento precisa e articolata, quello che si può e che non si può fare». E non emette verbo sui due candidati rettori: il giovane Rosario Rizzuto (che Zaccaria ha pubblicamente benedetto), 53 anni, direttore del dipartimento di Scienze biomediche e il diversamente giovane Paolo Tenti, 63 anni, ordinario di Ingegneria elettronica. In compenso si esprime con strabordante rabbia contro «la deriva incontrollabile dell’ossessione burocratica, che è letale e rischia di incrinare il senso fondamentale su cui poggia l’università: il rapporto formativo tra i docente e studente. Quello che modifica sia l’uno che l’altro, un rapporto vero non virtuale, su web». Ovvero «siamo sottoposti a continue valutazioni e controlli, l’università è l’unico comparto della pubblica amministrazione così vessato, ci tolgono l’aria vitale».

Altra vigorosa spallata Zaccaria la rifila alle istituzioni. «Soprattutto negli ultimi tempi» sorde e mute, immobili, nei confronti dell’università: colpa loro se il rapporto tra territorio e Ateneo langue e colpa «di un decisore politico completamente inerte. Ci auguravamo che la Regione avesse una forza decisionale, niente». Chiaro. E ripete il suo mantra: università più giovane, più governata dal merito e più internazionalizzata e qui si lascia trasportare che è un piacere dalla sua vena umanistica: «si tratta di recuperare lo spirito originario dell’Università di Padova che nasce internazionale. Che raccolse sotto il segno della libertà gli studenti e i docenti dell’Ateneo da Bologna in cerca di maggiore libertà accademica ma anche i clerici vagantes che giravano l’Europa alla ricerca del libero sapere». E un po’ clericus vagans diventerà anche lui, Zaccaria (docente di Teoria generale del diritto a Scienze politiche), da giugno: «Tornerò a insegnare e avrò tempo per la ricerca, la mia grande aspirazione». Perché, spiega, fare il rettore è stato un grande onore ma anche una smisurata faticaccia.

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