Addio a Marenco, risate d’altri tempi con la comicità intelligente e surreale

Mario Marenco e le ragazze coccode' del Cacao Meravigliao, Roma, 12 gennaio 1988. ANSA\OLDPIX (R13445/1)
Mario Marenco e le ragazze coccode' del Cacao Meravigliao, Roma, 12 gennaio 1988. ANSA\OLDPIX (R13445/1)

ROMA. Per Alto gradimento è stato il colonnello Buttiglione, comandante della stazione di Zanzibar, poi promosso a generale Damigiani. Ma anche il professor Aristogitone, che «dopo anni di duro lavoro in mezzo a queste quattro mura scolastiche» sognava di prendere «a mazzate» gli studenti «delinquenti». E ancora Raimundo Navarro, l’astronauta spagnolo dimenticato nello spazio a bordo della Paloma Segunda, navicella piena di difetti, pronto e imprecare contro «estos cabrones de Madrid: me haben esballado en esto firmamiento de cobalto». O la Sgarrambona, sgraziata ragazza in età da marito con voce baritonale, o il surreale poeta Marius Marencus. Fino a vestire i panni di Mister Ramengo per le improbabili telecronache dell’Altra domenica e di Riccardino, il bambino goffo e cresciutello con la cartella e il grembiule a quadretti di Indietro tutta.

Indimenticato interprete di strampalati personaggi della radio e della tv degli anni ’70 e ’80, quella di Renzo Arbore e della banda goliardica con Gianni Boncompagni e Giorgio Bracardi, Mario Marenco è morto a Roma, a 85 anni, al Policlinico Gemelli, dove era ricoverato da tempo per complicazioni legate al suo stato di salute. Nato a Foggia, proprio come il sodale Arbore, si era laureato in architettura a Napoli, e dopo borse di ricerca a Stoccolma e Chicago aveva aperto a Roma un suo atelier di architettura e design. Complice della svolta verso la carriera di attore brillante e umorista, una scossa di terremoto, a Rimini: era al Grand Hotel, con l’amico e autore televisivo Alfredo Cerruti, e iniziò a fare telefonate per chiedere cosa fosse successo, spacciandosi per un tal colonnello Buttiglione, diventato poi una delle sue maschere celebri.

Il debutto in tv nel 1972, con Cochi e Renato e Enzo Jannacci nel programma Il buono e il cattivo. Ma a consacrare la sua comicità surreale e un po’ folle era stata la radio, nel 1970, con Alto gradimento, talk show comico demenziale e format ancora insuperato dell’intrattenimento radiofonico, condotto da Arbore e Boncompagni. Sempre Arbore lo volle, nel 1976, all’Altra domenica, archetipo dell’intrattenimento domenicale all’insegna di creatività, ironia e mix di generi. Vennero poi Odeon, L’uovo e il cubo, e ancora negli anni ’80 Sotto le stelle, Chiappala chiappala con Bracardi e soprattutto Indietro tutta, con quel Riccardino che rilanciò Marenco all’attenzione affettuosa del grande pubblico. Di recente era tornato alla radio con il Programmone di Nino Frassica.

Meno frequenti le sue presenze sul grande schermo: è stato se stesso nel Pap’occhio (1980) di Arbore. «Mario era uno straordinario artista, e un grandissimo inventore di umorismo» lo ricorda Arbore. «Con lui se ne vanno 60 anni di amicizia, simpatia, di risate di pancia. Risate vere che facevamo tutti insieme, con lui, con Boncompagni, con Bracardi. Era talmente fuori ordinanza che non ha avuto il successo che avrebbe meritato. Perché lui non era paragonabile a nessuno».

Marenco ha firmato anche libri umoristici editi da Rizzoli, tra cui Lo scarafo nella brodazza, Dal nostro inviato speciale, Los Putanados.

Federico Fellini disse di lui: «È troppo intelligente per essere un attore». —

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