Cimbri, i coloni bavaresi e tirolesi che cambiarono il paesaggio

La singolarità del paesaggio della Lessinia orientale, caratterizzato da architetture uniche al mondo, che sfruttano al meglio la pietra e si armonizzano in contrade funzionali, è in gran parte attribuibile ai Cimbri, i coloni di origine bavarese e tirolese giunti qui per praticare le comuni attività lavorative che già svolgevano nei loro territori di origine: il taglio del legname, la produzione di carbone e l’allevamento. Crearono, così, una piccola isola germanica vocata all’autarchia nelle Prealpi (come quella sorta un secolo prima nell’asiaghese) disboscando i pianori più alti e cambiando l’aspetto della regione. Disegnarono un paesaggio di pascoli e di piccole contrade costituite da abitazioni disposte a schiera, a favore di sole lungo una strada comune, con tipici tetti di lastre di pietra calcarea e porte ad arco, che si completano con gli edifici per riparare animali e prodotti della terra. Un sistema di aggregazione familiare e di ottimizzazione delle pertinenze tipico delle antiche contrade cimbre; un’architettura scarna, ridotta agli elementi essenziali, ma ricca di particolari e di decorazioni non evidenti a prima vista: simboli, scritte, decorazioni incise nella pietra che raccontano storie lunghe secoli.

Le contrade cimbre sono ancora oggi una delle peculiarità che più affascina all’interno di quell’area dei Tredici Comuni che, analogamente a quelli dell’altopiano vicentino, si organizzarono con una discreta autonomia fino al tramonto della Serenissima, quando i decreti napoleonici avviarono al lento declino la cultura e la coscienza etnica dei Cimbri. Oggi, a causa delle trasformazioni amministrative del territorio, i tredici comuni cimbri sono diventati otto: Velo Veronese (che ha assorbito anche gli antichi Azzarino e Camposilvano), Roverè Veronese, Valdiporro, Selva di Progno (con Giazza e San Bartolomeo), Badia Calavena, San Mauro di Salline (che ha inglobato Tavernole), Bosco Chiesanuova, Cerro ed Erbezzo. E sono poche decine, per lo più anziani, i Cimbri che parlano la lingua originaria, anche se un’intensa opera di conservazione e diffusione della loro cultura è in corso da parecchi decenni. A Giazza, capitale della cultura cimbra della Lessinia dove le vie sono segnalate in italiano e in cimbro, la comunità difende e coltiva le proprie tradizioni, conservate pressoché intatte per secoli a causa della posizione isolata del paese e alle difficoltà di comunicazioni con la pianura, continuate fino alla metà del Novecento (esisteva solo una carrareccia che costeggiava il torrente, spesso interrotta dalle esondazioni). E sorge il Museo Etnografico dei Cimbri dove ammirare sculture, pitture e altri esempi di arte popolare, oltre a oggetti e attrezzi legati agli usi e costumi di quel popolo venuto dal nord. E, ancor più, capire la straordinarietà di racconti e di fiabe, di vicende vissute e credenze popolari, di architetture di pietra uniche al mondo, di riti e paesaggi incantati che caratterizzano l’alta Lessinia (cimbri. it). —



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