Gli ideali della Repubblica Romana alle radici dell’identità nazionale

Gilberto Muraro
La Repubblica Romana del 1849 è solo un episodio della cosiddetta “Primavera dei Popoli”, ossia di quella serie di insurrezioni liberali che sconvolsero l’Europa nel biennio 1848/1849. Ed essa ebbe vita breve, racchiusa tra il 9 febbraio e il 4 luglio dello stesso anno. Una meteora politica, dunque, che però rappresenta per noi italiani uno degli eventi più importanti del Risorgimento.
Per giustificare tale tesi, bisogna ricordare l’antefatto: la fine dell’epoca napoleonica con la Restaurazione del 1815 che ristabilì in Europa l’assolutismo; e la lunga stagione di società segrete, di congiure, di tentativi insurrezionali che alimentarono una diffusa volontà di avere stati nazionali e costituzionali e che in Italia trovarono in Mazzini il massimo ispiratore. Ben a ragione si parla da noi di Risorgimento, come se qualcosa di morto riprendesse vita; perché l’Italia, che era caput mundi nel ’500, era degradata sempre di più nei due secoli successivi fino a diventare una ”espressione geografica”, abitata da un popolo che appariva agli occhi altrui senza dignità di nazione ( “venga la Francia, venga la Spagna, purché se magna”). È quindi l’apostolato mazziniano, anche se pieno di insurrezioni fallite, che spiega come mai l’Italia potesse essere, come fu, una protagonista delle lotte europee del 1848/49 che proprio in Italia si aprono e si chiudono: dalla rivolta di Palermo contro i Borboni nel gennaio 1848 alla caduta della Repubblica di San Marco il 22 agosto 1849, passando attraverso l’8 febbraio a Padova, le 5 giornate a Milano, la prima guerra d’indipendenza, e, appunto, la Repubblica Romana.
Anche Pio IX concesse la Costituzione nel 1848, acquistando enorme popolarità in Italia. Ma quando l’Austria minacciò uno scisma, il Papa abbandonò subito la causa nazionale e fuggì da Roma il 24 novembre, chiamando in soccorso le truppe di Napoli, Austria, Spagna e Francia. Tutte risponderanno all’appello, con la Francia che punterà direttamente su Roma, mentre le altre attaccheranno la periferia dello Stato Pontificio. In aiuto alla Repubblica arrivarono però tanti volontari affluiti a Roma da ogni parte del Paese. E in ciò sta un duplice inizio per la nostra storia: inizia per gli italiani la conquista di una identità nazionale; e inizia il conflitto tra patrioti e Papato che caratterizzò, con conseguenze nefaste, tutto il seguito della storia risorgimentale.
La mattina del 9 febbraio l’Assemblea Nazionale, scaturita da elezioni a suffragio universale maschile, proclamò la Repubblica Romana, nonostante la situazione in Italia e in Europa volgesse al peggio. Il 24 marzo 1849, dopo la sconfitta piemontese di Novara, si chiudeva la prima guerra d’ indipendenza. In altri Stati furono reinsediati i prìncipi cacciati dalle rivolte e vennero ritirate le, lasciando in vita solo soltanto le repubbliche di Roma e di Venezia.
uNA BREVE VITA
A Roma, la sconfitta di Novara generò un clima di guerra che portò alla creazione di un triumvirato plenipotenziario, formato da Saffi, Armellini e Mazzini. Il generale Oudinot era sicuro di entrare nella città quasi senza colpo ferire, dichiarando con disprezzo che “gli italiani non combattono”. Venne però smentito dall’eroico comportamento dei patrioti che comminarono ai francesi una grave sconfitta il 30 aprile. Tale esito, oltre a riscattare l’onore militare degli italiani ad un mese di distanza dalla sconfitta di Novara, produsse una tregua che però fu presto rotta da Luigi Napoleone. L’ armata francese, forte ormai di oltre 30.000 soldati e 75 cannoni, riprese l’assalto il 3 giugno (ed è in questa battaglia che venne ferito a morte Goffredo Mameli) . I circa 20.000 soldati della Repubblica Romana, tra cui i volontari della prima guerra di indipendenza guidati da Garibaldi, si batterono tutti con valore. Anche le donne, seguendo Cristina Trivulzio Belgioioso, giocarono un ruolo di primo piano come infermiere, ausiliarie e combattenti. Dopo un mese di bombardamenti e di assalti, il 30 giugno si combatté l’ultima battaglia con feroci scontri alla baionetta che lasciarono sul campo circa 3.000 italiani, tra morti e feriti, e circa 2000 francesi. La Repubblica Romana, per evitare distruzioni e saccheggi in città, decise di arrendersi. Il 2 luglio Garibaldi lasciò Roma con circa 4000 soldati, iniziando la tormentata e mai conclusa marcia verso Venezia, l’ultima roccaforte della resistenza liberale che cedette solo il 22 agosto.
l’ONORE
Ci sono sconfitte che sono cariche di onore più delle vittorie e rappresentano una fonte duratura di orgoglio nazionale. Tutti sanno quanto conti Alamo nella storia americana. L’epopea della Repubblica Romana merita un posto analogo nella storia militare italiana.
Di fatto la Repubblica cessò di esistere il 4 luglio 1849. Ma il 3 luglio l’Assemblea, che già aveva emanato la riforma agraria e concesso ai senza casa vari edifici ecclesiastici vuoti, riuscì promulgare una Costituzione che rappresenta il lascito politico e morale più importante del Risorgimento. Se ne ricordano i tratti distintivi: sovranità popolare; divisione dei poteri; abolizione di ogni privilegio di nascita o casta; adozione dei princìpi di eguaglianza, libertà e fraternità; laicità dello Stato, assicurando al Papa “tutte le guarentigie necessarie per l’esercizio indipendente del potere spirituale”; libertà di culto, di parola e di associazione; abolizione di ogni tribunale speciale e della censura preventiva; abolizione della pena di morte, delle torture, della confisca dei beni e della carcerazione per debiti; suffragio universale.
lA VISIONE SOCIALE
Alcuni dei princìpi della Costituzione, come l’abolizione della pena di morte e il suffragio universale maschile, vennero in seguito introdotti nello Statuto Albertino. Ma è solo la Repubblica Italiana che recepisce pienamente, un secolo dopo, la visione garantista e sociale configurata da Mazzini. Alla Costituzione mazziniana del 1849 dobbiamo quindi guardare come alla culla della nostra identità nazionale. —
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