Gli uccelli, le brioche e il vestito degli scout nella selva oscura delle citazioni sbagliate

Stefano Lorenzetto cerca di far ordine nelle frasi celebri attribuite a caso: «Sono come una collezione di insetti molesti»



In “Chi (non) lo ha detto” (Marsilio, pp 396, 18 euro), il nuovo saggio di Stefano Lorenzetto arrivato in questi giorni in libreria, convivono in realtà due libri. Il primo, più breve, è racchiuso nell’introduzione, ed è un invito alla lotta. Il secondo, il volume vero è proprio, si chiude amaramente con la presa d’atto che, alla fine, si perde sempre. Può sembrare contraddittorio, ma non lo è. Semplicemente Lorenzetto è convinto che una battaglia per la correttezza, per il rigore, per l’onestà della scrittura giornalistica, e non solo, deve essere combattuta a tutti i costi. Che poi si perda, di fronte all’impossibilità di venire a capo della marea montante della informazione in rete, non esime dal combattimento.

E dunque l’introduzione racconta, attraverso ricordi e aneddoti, i molti mali dell’informazione: l’accumulo degli errori, le fonti di seconda, terza, quarta mano, le bufale rilanciate da agenzie e giornali, la tentazione di inventare quando manca un riscontro, il fascino della falsificazione vera e propria. Il libro vero e proprio si concentra invece su uno solo di questi aspetti: quello della citazione vera, falsa, “boh”. Sì, perché ci sono milioni di citazioni che girano in rete, senza indicazione della fonte, frutto talvolta di traduzioni fuorvianti, di approssimazioni più o meno colpevoli. Il bello, o il brutto, è – come ricorda Lorenzetto – che spesso la moneta cattiva scaccia quella buona. Ovvero la versione scorretta si impone con tale forza che il disgraziato che usa la versione corretta passa, inevitabilmente, per ignorante e allora si è tentati di uniformarsi.

Ma Lorenzetto – abbiamo detto – non si ritira in buon ordine e prova a risalire il torrente di citazioni fino alla sorgente. “Prova” – qui sta il problema – perché spesso risalire a un originale è impossibile: stabilire “chi ha detto cosa” è un esercizio lungo, faticoso, mai sicuro, destinato al fallimento. Chi sia stato veramente il primo, chi abbia copiato da chi, rimane sempre un’ipotesi impossibile da verificare. Il repertorio di Lorenzetto comprende citazioni sbagliate, citazioni attribuite a un primo autore che non è il primo autore, citazioni forzate o travisate. Mike Bongiorno avrà veramente detto: “Ahi, ahi, ahi, signora Longari, lei mi cade sull’uccello? ”. È un “cold case” che neppure l’investigatore Lorenzetto può risolvere, perché le testimonianze sono contraddittorie: forse lo ha detto ma a un’altra concorrente, forse l’ha fatto apposta, forse (anzi probabilmente) è leggenda metropolitana. In altri casi Lorenzetto riesce ad avvicinarsi di più alla “verità”. Per esempio quando rincorre l’origine di una frase del teologo Hans Urs Von Balthasar, che suona “L’inferno esiste, ma è vuoto”. La frase fu sconfessata da Balthasar, ma ripresa centinaia di volte, attribuita anche a Giovanni Paolo II, attaccata come eretica o esaltata come rivoluzionaria. All’origine probabilmente – ricostruisce Lorenzetto – l’amore dei giornalisti per la sintesi forzata. L’originale era: “L’inferno c’è, ma nessuno può dire quante persone ci siano dentro. Potrebbe essere vuoto. Non possiamo dire che Dio salverà tutti, ma possiamo sperarlo”. Insomma, un sottile ragionamento teologico che diventa slogan.

C’è poi la transumanza della citazione, che vaga di paese in paese, di personaggio in personaggio. Esempio: Grillo scriveva qualche anno fa “Hanno bussato alla porta e non c’era nessuno: era Matteo Renzi”. Chiaro: ha adattato una celebre battuta di Fortebraccio sull’Unità “Una grossa auto blu si fermò davanti all’entrata del palazzo. L’autista corse a spalancare la porta posteriore destra. Non ne scese nessuno. Era Nicolazzi”. Ma era veramente Fortebraccio l’originale? No perché Fortebraccio la aveva adattata da Gandolin, altro celebre giornalista umoristico, ma la stessa battuta era attribuita anche a Churchill a proposito di Attlee, salvo poi scoprire che era di un giornalista del Figaro e si riferiva a Sarah Bernhardt.

E come dice – forse – il Libro di Murphy: “Qualsiasi citazione trovata due volte su Internet avrà due diverse formulazioni, due diverse fonti o entrambe le cose. Corollario: se l’enunciazione e la fonte sono coerenti in due siti, allora saranno entrambi sbagliati” . —



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