Grandezza e decadenza La Serenissima fino in fondo

Tre anni di lavoro, centinaia di testi pazientemente raccolti e consultati, alla fine 722 pagine per raccontare in modo preciso, ma leggibile, l’intera storia di Venezia. A provarci non poteva che essere Riccardo Calimani, veneziano doc, scrittore, storico della Venezia ebraica, ma non solo, intellettuale sempre attento alla propria città. La sua “Storia della Repubblica di Venezia. La Serenissima dalle origini alla caduta” (Mondadori, 40 euro), da ieri in libreria, è un grande lavoro di sintesi, che Calimani ha voluto affrontare perché – dice «sono veneziano e volevo conoscere fino in fondo la mia città».
la ricchezza
«Ci sono – continua Calimani - storie di Venezia splendide, dottissime, ma che spesso mancano di leggibilità. Usando una facile metafora io sono un nano sulle spalle dei giganti: ho preso da ognuna delle grandi opere su Venezia gli aspetti migliori». Sì perché il problema con Venezia è la ricchezza. «Abbiamo - continua Calimani- una quantità enorme di materiale di archivio, fonti concrete e dettagliate che ti portano a riempire pagine su pagine, ma a quel punto i lettori sono in difficoltà. Il difficile è allora mantenere un equilibrio. Spero che la lunga esperienza mi abbia aiutato in questo». E forse anche il suo essere veneziano, viene da pensare. «No –corregge Calimani- io sono convinto che siano sempre gli stranieri a cogliere lo spirito di una città. Lo spirito di Parigi è colto dalla musica di Offenbach, che era un ebreo tedesco; io che sono nato a Venezia ho provato a capire da dentro la singolarità della storia di Venezia, senza lasciarmi abbacinare dal mito». Una accusa che, per esempio, è stata rivolta in passato ad Alvise Zorzi, che esattamente 40 anni pubblicava la sua “Repubblica del Leone”.«Zorzi – dice Calimani - è sempre stato uno scrittore elegante, il suo libro è ottimo, ma il suo sguardo è diverso dal mio. Io credo che per non cedere alla retorica di Venezia sia necessario anche smitizzare la sua storia». Una storia che in questo libro Calimani ripercorre secolo per secolo, a partire dalle discusse origini: «Per quei primi secoli – dice Calimani - bisogna accontentarsi. Storia e leggenda si mescolano, le ipotesi sono controverse, difficili da dipanare». Dal mille tutto cambia e cominciano quasi ottocento anni di grandezza. «Indubbiamente – dice Calimani - l’apice Venezia lo raggiunge alla fine del Quattrocento, quando è un vero e proprio impero. Ma io credo che ogni secolo della storia veneziana abbia una sua peculiarità e ho provato a non cedere a simpatie e antipatie. Il Settecento per esempio è un secolo di decadenza politica, ma non si può dimenticare che è stato anche un secolo di grande ricchezza culturale e artistica». Un paradosso che non unico nella storia veneziana. «E’ una storia – continua Calimani - carica di contraddizioni. Una città in cui si festeggiava un lunghissimo Carnevalecompressa però da regole severe, esercitate con durezza».
gioco d’equilibrio
Un gioco d’equilibrio che ha fatto durare a lungo anche la decadenza. «L’aristocrazia veneziana – dice Calimani - è stata a lungo capace di cambiare le sue istituzioni. Ogni Doge esercitava il suo potere in modo diverso dal precedente e si faceva attenzione ad eleggere dogi anziani, perché non durassero in carica a lungo».
Un cauto cambiamento, che ad un certo punto è venuto meno. «L’aristocrazia si è insterilita e si è creata una oligarchia che non ha avuto la capacità di vedere lontano.
Alla sua fine Venezia è arrivata stremata: la spallata non c’è stata è venuta giù da sola». E dal momento che Calimani ha voluto in epigrafe un detto veneto come “Mi no digo gnente, ma no taso”, questa storia interroga anche il presente: «A Venezia – dice Calimani- viviamo una condizione politica e culturale molto debole; auguriamoci che questo libro serva a svegliare i veneziani e a sferzare quelli che sono la potere e non mostrano molto di meritarselo». —
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