Il bamboccione, la marpiona, l’Isis e un incontro andato a monte

Hai voglia a insistere che si è trattato di un qui pro quo, di un fraintendimento, adesso che è arrivato il momento del processo per il reato di procurato allarme. Non sarà facilissimo credergli. Perché lui quelle mail le ha spedite. Vabbè giovane, vabbè irretito via web da quella donna, sicuramente una marpiona di lungo corso, ma accusarla di essere una terrorista dell’Isis in porti e aeroporti dove lei era in transito, francamente è stato un po’ eccessivo. Anche per un bamboccione impaurito. La faccenda comincia on line con dei primi contatti tra il ragazzo, 25 anni, e la quarantenne scafata assai, ucraina. Chiacchiere, lei avvenente si presume, dotata anche di figlio ma il calore delle aspettative e delle promesse hanno reso quest’ultimo un particolare irrilevante agli occhi del ragazzotto di Treviso. Dalle chiacchiere alle videochiamate, non è dato sapere di che genere ma certamente molto convincenti. Passa un po’ di tempo, lui è presissimo, meglio innamorato perso, lei non si tira indietro. Anzi. Fino a che i due decidono di incontrarsi. È primavera e la sede del primo fulminante incontro viene scelta: Ponza. Continuano a bazzicarsi in rete, lei ha già comperato i biglietti, per sé e per il figlio, lui è in attesa. Chissà, forse ne ha parlato con qualcuno che come ogni persona dotata di senno l’ha sconsigliato, o forse ci è arrivato da solo che stava mettendosi in un casino più grande di lui. I primi morsetti di pentimento nell’aver messo in piedi quell’ambaradan con il passare dei giorni diventano zannate e il venticinquenne scivola nel panico fondo. Ed ecco l’ideona per bloccare l’arrivo della sventola ucraina con prole. Sapendo il percorso che avrebbe fatto, il 2 agosto spedisce una mail alla compagnia Aeroflot dove la donna avrebbe dovuto imbarcarsi a Ginevra: scrivendo da un falso account annuncia urbi et orbi che quella signora, nome e cognome, nient’altro era che una terrorista dell’Isis delle più pericolose. Putiferio all’aereoporto di Ginevra dove lei si trovava, cani per la ricerca di esplosivi, polizia, addetti dello scalo, mancavano i marines. Controlli su controlli, la donna non aveva ordigni né altro tale da sospettarla di essere una terrorista. Il figlio minorenne basito. Lei continua il suo viaggio di avvicinamento all’amore, lui sprofonda nella disperazione: altra raffica di mail ai carabinieri di Ponza, ai carabinieri di Formia e alla capitaneria di porto di Gaeta tanto per non farsi mancare niente. Mancavano il parroco e il farmacista. Questa volta con un’accusa precisa, quella donna avrebbe compiuto un attacco a bordo della nave. Secondo putiferio di proporzioni galattiche, e senza risultato. Per la donna. Doppio risultato per il ragazzotto: d’accordo che non ha incontrato la mantide ma si è beccato una denuncia per procurato allarme con processo in corso. —
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