Il tenore Fraccaro «I talenti li abbiamo mancano i maestri»
Oggi porta in scena al Verdi di Padova “Il Trovatore” Il suo Manrico accende la pira con un do di petto

PADOVA. Ricordava Luciano Pavarotti che in Emilia era abitudine dire non «andiamo all’opera», ma «andiamo a sentire il tenore». Forse per nessuna opera questa frase vale come per “Il Trovatore”, titolo verdiano in scena al Verdi di Padova oggi alle 16 dopo la prima di venerdì.
Hanno arie bellissime Leonora, Azucena, il Conte di Luna, ma è Manrico il trovatore che il pubblico aspetta, ancor più da quando, in una replica ottocentesca il tenore Gilbert Duprez s’inventò di terminare la cabaletta “Di quella pira” con una nota non scritta, un do acuto emesso di petto e non in falsettone. Da allora, guai a tornare al sol voluto da Verdi: il pubblico pretende l’exploit muscolare. Per le recite padovane si può star tranquilli: Manrico ha la voce squillante del tenore Walter Fraccaro.
Fraccaro, lei canta nei teatri di tutto il mondo, ma torna spesso in Veneto. È quasi ogni anno in Arena, in Fenice ha cantato in Tosca, Cavalleria, Otello Carmen. Adesso c’è questo Trovatore a Padova. Sente ancora forte il legame con la sua terra?
«Certamente quando si è in giro per il mondo si prova nostalgia. Tornare qui poi, mi fa sentire ancora più netta la responsabilità di ben figurare. Sono nato a Castelfranco e prima di andare negli Stati Uniti e prima di studiare con Bergonzi, il mio maestro è stato Gianfranco Cecchele, grande tenore padovano di Galliera. Non ho scelto di fare il cantante fin da piccolo, ma fortunatamente l’ho fatto al momento giusto della mia maturazione psicofisica».
Manrico è spesso erroneamente considerato solo un ruolo solo “di forza”, ma non mancano accenti lirici, fin da quanto sentiamo, dalla quinta, “Deserto sulla terra”, per non parlare di “Ah sì ben mio”.
«In realtà, come accade spesso in Verdi, ci vorrebbero due tenori con due voci diverse. Le dirò, se uno il do della “pira” ce l’ha in tasca, sa che “Ah sì ben mio” è più difficile. Quanto a me, ho cantato in questo ruolo fino al 2013, poi l’ho lasciato riposare e ho riflettuto su come migliorarmi. Quindi l’ho ripreso solo quest’anno ad Atene con soddisfazione ed adesso sono Manrico a Padova».
In questa produzione è un veterano in un cast di giovani. Cosa pensa in generale dei nuovi interpreti?
«Le voci ci sarebbero, forse mancano i buoni insegnanti. Noi cantavamo con grandi esempi da imitare. Da loro cercavamo di apprendere ogni segreto. Oggi l’attività è per tutti troppo frenetica. Fortunatamente il cast qui è molto buono. Con il maestro Alberto Veronesi (che dirigerà l’Opv) abbiamo collaborato già molto, in particolare al Festival Puccini di Torre del Lago. Comunque io sono molto flessibile e non ho problemi ad entrare in sintonia con chi concerta l’opera».
Che spettacolo si vedrà?
«Anche con il regista Filippo Tonon ho già lavorato per una Turandot a Cagliari. Il suo Trovatore sarà tradizionale, con costumi d’epoca, accurato e raffinato, senza provocazioni. Il che, le confesso, aiuta».
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