In 1214 opere la storia dell’arte di Santomaso
Domani a Ca’ Dolfin la presentazione del Catalogo ragionato dei suoi dipinti

Santomaso ritrovato nella sua integrità. È un lavoro imponente quello condotto dal professor Nico Stringa - che insegna Storia dell’Arte Contemporanea all’Università di Ca’ Foscari - per dare alle stampe quel “Catalogo ragionato dei dipinti di Giuseppe Santomaso” che verrà presentato domani alle 15.30 a Venezia nell’Aula Magna dell’ateneo veneziano a Ca’ Dolfin, presente anche, oltre all’autore, il professor Massimo Cacciari.
Due volumi di oltre settecento pagine - editi da Allemandi con un ricco apparato iconografico, a cui hanno collaborato anche Laura Poletto e Elisa Prete e con loro anche Sileno Salvagnini e Stefania Portinari - che riportano in ordine cronologico 1214 dipinti su tela e tavola realizzati dal grande artista veneziano tra il 1926 e il 1990 e che costituiscono perciò anche una bussola preziosa sull’autografia delle sue opere, a ventisette anni dalla scomparsa del pittore che, con Emilio Vedova, ha particolarmente “segnato” il dopoguerra artistico veneziano, andando ben oltre i confini lagunari. Un artista autodidatta - il padre orafo voleva avviarlo al suo stesso mestiere - che dopo gli inizi figurativi e legati alla tradizione veneziana, passò poi - attraverso i viaggi di formazione a Parigi, in Olanda ma anche negli Stati Uniti -, varie fasi e influenze, all’astrazione, all’informale e infine al “grado zero” della sua pittura.
«Santomaso è diventato il grande tessitore dei rapporti tra i “secessionisti” milanesi di Corrente e i giovani di Venezia» scrive di lui Stringa nel saggio introduttivo al catalogo, ripercorrendo la sua parabola dalla fine degli anni Trenta «per assurgere a un ruolo di primo piano nell’elaborazione del Fronte Nuovo delle Arti prima e del Gruppo degli Otto poi, transitando negli anni Sessanta con l’aura ormai di maestro indipendente, “la voce lirica dell’Informale italiano”, e approdare ai Settanta con il carisma dell’artista che sa muovesi tra musica e poesia, tra impegno culturale e autonomia assoluta nelle scelte e nelle proposte di grande respiro, anche in relazione a fondamentali movimenti d’oltreoceano, come il Minimalismo e il Concettuale». Ma restando, sempre, profondamente veneziano.
«Le mie origini sono Venezia» dichiarava in un’intervista del 1989, un anno prima della sua scomparsa «sono i mosaici di San Marco, di Santa Maria di Torcello: il riflesso nell’eterno, i frammenti dorati dell’eternità che si incarna in Venezia. Le mie origini sono Venezia come libertà aperta a Oriente: libertà civile, storica, culturale. Venezia, la Serenissima: città levantina proiettata sull’immenso mistero dell’Oriente di ieri, che voleva dire l’incommensurabile del tempo e dello spazio. In questo senso Venezia, e in questo senso sono veneziano, da generazioni a generazioni».
E riguardo all’origine della sua pittura dichiarava appunto che «è da collocarsi lontano nel tempo, in quella dimensione “aurea” rappresentata dalla grande stagione bizantina: in questa grande arte astrattizzante che, ben prima di noi, ha saputo individuare, anche se frammentariamente, l’autonomia delle forme: e questa autonomia, che è la premessa della mia arte, ha saputo valorizzarla fin nei piccolissimi particolari delle singole preziose tessere, fatte di materiali raffinati, costosi (oro, smalti, pietre preziose). Da questo modo di accostarsi all’immagine nasce anche il desiderio di conoscere il reale».
Nella seconda metà degli anni ’50 si affranca completamente dal contenuto e dalla forma, il colore tende ormai alla pura luce, e la struttura stessa del quadro giunge alle soglie dell'informale, ormai diffuso in Europa e negli Stati Uniti. Tuttavia, a differenza di quasi tutto l’astrattismo informale, non risponde a connotazioni drammatiche, ma è sempre tesa alla ricerca inesausta di armonia ed equilibrio che caratterizzerà tutto il suo lavoro. La fase finale dal 1977 alla morte porta una rivoluzione nell’opera di Santomaso. Affrancatosi dalla gestualità eloquente degli anni Cinquanta/Sessanta attraverso l’azzeramento progressivo messo in atto nelle “Immagini” (’64-’66) e nelle opere degli anni Settanta, l’artista s’impegna in un tour de force che ha come obiettivo di conseguire un massimo estetico attraverso il minimo espressivo, individuando infine nella forma della “lettera”, dell’epistola, il medium più adatto per questo scopo.
Tra i punti più alti, il ciclo delle “Lettere a Palladio”, composto di nove dipinti di grandi dimensioni. Santomaso vi narra il suo pensiero creativo costruendo una traccia di percorso in cui ogni tappa testimonia l’intuizione formale e il momento emotivo che l’ha depositata nella memoria. L’analisi dei dipinti ci consente di rivivere questo percorso e di distinguere nei pochi segni lineari e nelle misteriose superfici cromatiche l’esperienza della visione che ha permesso all’artista di indagare e di tradurre pittoricamente, attraverso il filtro di una profonda emozione, il valore formale delle architetture palladiane. Il nuovo catalogo ragionato dell’opera di Santomaso è anche un’occasione per rileggere tutto il suo percorso.
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