In quell’agosto la bandiera bianca segnava l’ultima ora di Venezia

“Il morbo infuria/ il pan ci manca/ sul ponte sventola / bandiera bianca”. Versi impressi a fuoco nella cultura veneziana e veneta, nelle sue tradizioni e nei suoi racconti popolari. Si insegnano sui banchi di scuola, gli studenti li mandano (li mandavano) a memoria, scorgendone magari la portata epica e drammatica. Michele Novaro, autore dell’Inno d’Italia, li ha trasformati in musica. E, attraverso i decenni, la loro eredità è arrivata fino alla cultura contemporanea. Un esempio? Chiedere a Franco Battiato, e alla sua “Bandiera Bianca” incisa nel 1981. Sono, insomma, versi immortali pur se antichi. E il 19 agosto, il prossimo lunedì, saranno passati esattamente 170 anni da quando su quel ponte veneziano “sventolava bandiera bianca”.
Sentimento diffuso
Lo ricorda Marco Zanetti, attivista del Comitato ambientalista altro Lido e presidente dell’associazione Venezia Cambia. Appassionato di storia risorgimentale veneziana (per motivi culturali, ma anche genealogici), durante alcune ricerche sul tema si è imbattuto in questa ricorrenza. Così, tramite un’approfondita indagine storica e bibliografica alla biblioteca Marciana e del museo Corner, è risalito alle primissime edizioni di “L’ultima ora di Venezia”, alla sua nascita nell’isola del Lazzaretto e alla travagliata vita del suo autore, Arnaldo Fusinato.
«È una poesia ancora molto sentita» spiega Zanetti «perché è legata a un episodio negativo, sanguinoso, che viene riletto in chiave eroica per la città. E poi parla di un’esperienza come il Risorgimento, un sentimento diffuso tra la popolazione e affatto elitario, come si è spesso sentito dire».
Una poesia, oltretutto, che affonda le sue radici proprio in quell’isola del Lazzaretto, oggi al centro di un vasto progetto di recupero. E che da lì, si diffonde nel resto del Veneto.
Arnaldo Fusinato, nasce a Schio. All’università di Padova studia diritto pubblico e inizia a scrivere poesie romantiche. Le sue intemperanze politiche, però, lo rendono indigesto alla gendarmeria austriaca. Tanto che in un’occasione resta addirittura ferito dopo una lite notturna con dei soldati croati. Fin da subito, però, si fa notare dalla polizia austriaca per alcune strofe satireggianti contro l’Impero, composte a Vienna durante un banchetto con ufficiali italiani e ungheresi. Fusinato è un cuore ardente, e nel 1848 è pronto a far la sua parte nelle rivoluzioni che avrebbero infiammato per quasi due anni l’Europa.
Il 17 marzo del ’48, a Venezia scoppia la rivolta contro il dominio austriaco. Viene occupato l’Arsenale, le truppe imperiali sono costrette alla fuga. E alla guida di Daniele Manin e Niccolò Tommaseo, viene proclamata la Repubblica di San Marco).
La vena poetica di Fusinato compone il “Canto degli insorti”. «Un componimento affatto tenero», come sottolinea Zanetti. Ecco alcuni passaggi: “brandite i fucili, le picche, i coltelli; / fratelli fratelli, corriamo a pugnar”.
Nel frattempo, visto anche il fallimento generale delle rivoluzioni liberali in Europa, la pressione austriaca inizia a farsi sentire sempre di più. E Venezia finisce sotto assedio. A difenderla, oltre all’esercito regolare, anche i duemila volontari arrivati da tutta Italia e guidati dal generale Guglielmo Pepe. Fusinato, dopo un breve peregrinare in giro per l’Italia alla ricerca di fondi per la difesa della sua città, a inizio del ’49 è assegnato al presidio del Lazzaretto Vecchio. Persa la terraferma, l’avanzata austriaca è inesorabile e punta alla laguna. Fino al 19 agosto. Quando, come riporta Zanetti nel suo saggio: «due gondole innalzanti bandiera bianca portavano a Fusina la delegazione incaricata di trattare la resa». Le cui condizioni prevedevano una lista di 40 proscritti da esiliare. «È questa» racconta Zanetti «la cornice in cui il poeta scriveva di getto la sua poesia. Il suo registro è mesto, riesce a dareanche una prospettiva per una lotta da continuare altrove, in altri modi: “sulle tue pagine / scolpisci, o Storia, / l’altrui nequizie / e la sua gloria”, la gloria della città, perduta a causa del morbo che infuria e del pan che manca, non certo per rassegnazione del suo popolo”.
E proprio nell’isola dove è nata, la poesia di Fusinato potrebbe ora ricavarsi un posto speciale come tassello fondamentale della storia veneziana.
Progetti per l’isola
Ne è convinto Luigi Fozzati, già Soprintendente archeologo del Mibac e presidente del Forum Futuro Arsenale. È lui, nella seconda metà degli anni ’90, l’ideatore del museo archeologico della laguna proprio al Lazzaretto.
«I ministri Franceschini e Bonisoli hanno messo in programma 10 milioni per il restauro degli edifici abbandonati nell’isola» spiega Fozzati «e da qui a tre anni il direttore del polo museale del Veneto Daniele Ferrara e Nicoletta Giordani, archeologa incaricata dal Mibac, intendono aprire il museo. È fondamentale conoscere la nascita archeologica di Venezia, e il suo sviluppo urbanistico e storico».
E magari, anche quell’episodio di 170 anni fa, quando la “bandiera bianca” di Fusinato segnava l’ultima ora di Venezia e si imprimeva – in maniera indelebile – nella cultura di una città. —
Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova