«Io devo andare, ma ringrazio Dio»

«Siamo in onda? Mi ascoltate?»
Letizia Leviti, giornalista di SkyTg24, è morta sabato a 45 anni dopo aver inutilmente lottato, negli ultimi due, contro la malattia. Era stata conduttrice in studio, e inviata di guerra; lascia il marito e tre bambini. Lascia a tutti - perché la sua redazione alla quale era destinato ha deciso di diffonderlo - un audiomessaggio che si apre con queste parole («Siamo in onda?») come uno dei tanti collegamenti del passato, e che riflette sul senso della vita, della morte, dell’amore e della professione. Un testamento, una struggente, indimenticabile preghiera.
La voce affaticata, il respiro corto, Letizia ringrazia Dio: «dalla vita ho avuto tutto, anzi di più»; si arrende al «cerchio che si chiude» e al suo destino «perché la vita non la decidiamo noi». «Non sono arrabbiata» dice, però confessa l’angoscia di mamma che lascia tre bambini, di moglie che lascia il compagno, di figlia che deve salutare per sempre la madre.
Ai colleghi, che ringrazia, dice «voglio lasciarvi un po’ di me», li invita a ricordare sempre che «il nostro lavoro è verità, deve essere verità, i telespettatori credono a quello che diciamo, dobbiamo essere onesti intellettualmente, sempre». Il lavoro tanto amato, ma «riconoscete le cose importanti della vita, la famiglia, l’amore. Il lavoro non deve dominarci, nulla deve dominarci, nemmeno la malattia. Bisogna essere liberi di amare e saper amare. Il senso delle cose è solo l’amore, ci fa fare le cose migliori. E se capita la malattia, se capita di dover andare, è bello sentirsi sereni, in pace con il mondo».
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