La natura di Jean Arp tra forma e casualità Il padre del Dadaismo di scena a Venezia

Dai collage alle sculture, oltre 70 opere dell’artista Passò in seguito dal Surrealismo all’astrazione



«La legge del caso, che racchiude in sé tutte le leggi e resta a noi incomprensibile come la causa prima onde origina la vita, può essere conosciuta soltanto in un completo abbandono all’inconscio. Io affermo che chi segue questa legge creerà la vita vera e propria».

Parole di Jean Hans Arp che delineano in fondo le convinzioni e la natura stessa del linguaggio artistico di uno dei padri fondatori del movimento dadaista – transitato poi verso il Surrealismo e una nuova, personalissima forma di astrazione scultorea –a cui da oggi al 2 settembre la Collezione Peggy Guggenheim dedica un’ampia antologica, con oltre settanta opere.

il metodo

“La natura di Arp” – questo il titolo dell’esposizione, curata da Catherine Craft e organizzata dal Nasher Sculpture Center di Dallas, prima sede della mostra prima della “tappa” veneziana – allude appunto all’interesse dell’artista francotedesco alle forme organiche e naturali ricreate alla sua maniera soprattutto nella scultura, ma anche al suo stesso metodo, dove appunto la casualità inseguita e resa metodo gioca un ruolo. Nel periodo zurighese all’inizio della prima guerra mondiale – dove si era rifugiato per sfuggire al conflitto e dove incontro Sophie Tauber, tessitrice e pittrice che divenne poi sua moglie e sua musa– nelle sperimentazioni ai primi, meravigliosi collages che segnano la prima fase del suo lavoro, si rifaceva alle leggi del caso, facendo cadere ad esempio pezzetti di carta per poi fissarli nella composizione nella posizione che avevano assunto a terra. Questo spiega ad esempio, l’influenza di Arp anche su correnti artistiche successive come lo stesso Espressionismo Astratto.

la prima sala

E nella prima sala della mostra di Arp alla Guggenheim compaiono esempi di estrema raffinatezza di questa tecnica come il collage «Senza titolo» del 1915-16 o la Composizione «Orizzontale-verticale» dell’anno successivo, che applica i suoi principi all’arte tessile appresa a contatto con Tauber. Sperimentazioni che restano tra i momenti più alti del percorso artistico di un pioniere come Arp anche rispetto alle evoluzioni successive nella scultura organica e curvilinea occupando lo spazio con linee biomorfe, ma anche con i i rilievi in legno dipinto che rispondono alle stesse logiche compositive.

l’acquisto

La mostra di Arp alla Guggenheim trova una ragione in più nel fatto che la prima opera mai acquistata dalla collezionista americana fu una sua scultura in bronzo del 1936, “Testa e conchiglia”, esponendo poi opere dell’artista in più occasioni. Tornato in Germania alla fine della prima guerra mondiale, Arp fondò appunto il gruppo dadaista di Colonia con Max Ernst, ma più tardi, nel 1925, partecipò alla prima esposizione dei surrealisti a Parigi. Ma negli anni Trenta ruppe i rapporti anche con il movimento surrealista per avvicinarsi all’astrattismo e dedicarsi prevalentemente alla scultura. E proprio le sculture sono anche il “cuore” della mostra veneziana di Arp con opere in alcuni casi straordinarie come “Growth” (crescita) dal 1938, sperimentazione plastica sullo sviluppo in verticale di una scultura organica, quasi fosse, appunto, un essere vivente nel corso del suo sviluppo. La mostra dà conto anche della grande influenza di Arp e della rete di rapporti che seppe costruire con gli artisti della sua epoca, esponendo tra l’altro opere di Ernst, El Lissitsky, Schwitters, oltre ad alcune della stessa Sophie Tauber.

E tra le opere memorabili anche della stessa concezione di Arp, nell’ultima sala della mostra, lo stupendo collage su carta in cui ingloba un frammento di collage dello stesso Schwitters, facendone una sorta di “vestito” per la bambola che compone sulla superficie.

Ma ci sono, nell’ultimo periodo della sua vita artistica, all’inizio degli anni Sessanta anche sculture che si rifanno, alla sua maniera, a un’idea di classicità in precedenza respinta.

sulle punte dei piedi

La scultura – è una delle sue ultime citazioni – dovrebbe camminare sulle punte dei piedi, senza ostentazione, senza pretese e leggera come la traccia di un animale nella neve. L’arte dovrebbe fondersi e persino fondersi con la natura stessa. Questo è ovviamente contrario alla pittura e alla scultura basate sulla natura. Così facendo, l’arte si libererà sempre più di egocentrismo, virtuosismo e assurdità. –



Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova