La sconfitta del buon cinema che il pubblico può amare

di Michele Gottardi Inutile dirlo: se c’è uno sconfitto di questa Mostra del Cinema è Pablo Larraín. Il suo “Jackie” vince un premio addirittura risibile nella sostanza, quello per la miglior...
Di Michele Gottardi

di Michele Gottardi

Inutile dirlo: se c’è uno sconfitto di questa Mostra del Cinema è Pablo Larraín. Il suo “Jackie” vince un premio addirittura risibile nella sostanza, quello per la miglior sceneggiatura ovvero un riconoscimento dato alla storia, quindi nemmeno originale e non scritto da Larraín. La Giuria, pur presieduta dall’eclettico Sam Mendes, non ha avuto il coraggio di dare un trofeo importante - non doveva per forza essere d’oro - a un grande regista che nessun festival aveva ancora premiato. L’ennesima occasione mancata, ma in questo le giurie dei festival sono diaboliche nel perseverare, in laguna e in Costa azzurra. Volta per volta premiano opere sopravvalutate (“The wrestler” di Darren Aronofski, 2011, ma anche lo stesso “Desde allá” di Lorenzo Vigas, 2015), altre leggere e futili (“Somewhere” di Sofia Coppola, nel 2010) o film estremamente da critici, se non criptici (come “Un piccione seduto su un ramo riflette sull’esistenza” di Roy Anderson, 2014), trascurandone completamente altre che uniscono assieme pubblico e critica, com’era accaduto a “Philomena”.

Certo Lav Diaz è un autore e il suo cinema ha già avuto riconoscimenti da Locarno a Berlino. “The Woman Who Left” poteva ambire a qualcosa di importante, ma nella logica di questa Mostra - che ha cercato di coniugare leggerezza e impegno, divulgazione e cultura - “Jackie” poteva e doveva starci. Anche perché a scorrere i Leoni d’argento troviamo l’ennesimo riconoscimento ad Andrej Konchalowsky (ancora un premio per la regia): davvero un premio inutile, se non per lui. E forse è solo una sensazione, ma pensiamo che anche la direzione della Mostra sia rimasta perplessa di questa designazione che va contro l’idea di un cinema di qualità che non allontani il pubblico, ma anzi lo richiami oltre i cinepanettoni.

Il gran premio speciale della giuria va a Tom Ford e a “Nocturnal Animals”, più in linea con quanto detto, ma certo meno rotondo di “Jackie” e di altri, con quella seconda parte indecisa e meno coerente della prima ora. Lo stesso dicasi per “La región salvaje” di Amat Escalante, che premiare col Leone d’argento per la regia è quanto meno esagerato, come il premio ad Ana Lily Amirpour, per quel manierato film che è “The Bad Batch”. In parte condivisibili i premi alla pattuglia attoriale: il Mastroianni alla brava Paula Bleer interprete del buon film di François Ozon, “Frantz”, la coppa Volpi maschile Oscar Martinez, interprete egregio dell’argentino “El Ciudadano ilustre” del Cohn e Duprat, meno quella per Emma Stone, visto che è data alla protagonista di un musical che balla poco e canta meno. Perché non la Portman? Detto infine che il Leone opera prima va ancora una volta a un film della Sic (“The Last of Us”), registriamo l’assenza totale degli italiani frutto di una partecipazione al concorso spesso non all'altezza.

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