La Venezia solo da esportazione di Donna Leon

I suoi best seller ambientati in laguna sono 25 ma per l’Italia ancora nessuna traduzione
Di Nicolò Menniti-ippolito

di Nicolò Menniti-Ippolito

Venticinque anni e venticinque romanzi. Il più lungo e vasto racconto sulla Venezia contemporanea continua a essere sostanzialmente ignoto ai veneziani e agli italiani in generale. Donna Leon festeggia quest’anno le nozze d’argento con il personaggio letterario che l’ha resa famosa nel mondo, quel commissario Brunetti, in servizio alla questura di Venezia, che è diventato personaggio popolarissimo negli Stati Uniti, ma soprattutto in Germania, dove è anche personaggio televisivo di una serie arrivata alla 15ª stagione e al ventiduesimo episodio, con audience alla Montalbano.

Donna Leon è una signora americana coi capelli bianchi, ha superato i settant’anni, da 35 vive a Venezia ed è una grande appassionata di musica barocca. Quando nel 1992 ha scritto il suo primo romanzo giallo, inevitabilmente “Morte alla Fenice”, probabilmente non pensava che la serie sarebbe durata tanto a lungo, che quello di scrittrice sarebbe diventato il suo unico mestiere, che Brunetti sarebbe diventato il suo alter ego. In quel momento la decisione di non pubblicare i suoi libri in Italia non sembrava neppure una scelta, ma la normale prassi editoriale per un romanziere non internazionale. Solo che, dopo qualche anno, internazionale, anche se aveva cominciato tardi, Donna Leon è diventata e allora i problema della vendita dei diritti è sorto.

Tra l’altro, i diritti dei suoi libri non sono americani ma tedeschi, perché il suo editore tedesco, forte del grande successo, è diventato il suo riferimento. Poi sono arrivati tutti gli altri, che pubblicano con un anno di ritardo le puntate della serie: i francesi, gli spagnoli, anche i cinesi amano Donna Leon, che però, fedele alla sua prima scelta, continua a non voler vendere i diritti italiani e ha imposto questa scelta anche alla versione televisiva.

Così anche “The waters of eternal youth”, venticinquesimo capitolo della saga, appena edito negli Stati Uniti, in via di pubblicazione in Germania e in Francia, non potrà essere letto in italiano. Come del resto neppure il libro di cucina veneta che Donna Leon ha scritto con un’amica veneziana, o il libro sulla storia della Gondola, oppure la guida ai luoghi veneziani del Commissario Brunetti, che per molti tedeschi e americani è la bibbia per visitare la città.

Non bisogna stupirsi allora, se qualche straniero chiede a San Polo dov’è la casa del Commissario Brunetti, oppure se a Castello qualcuno cerca la questura: ma si sa, il turismo letterario ormai è un grande affare, esistono addirittura pacchetti turistici sulle orme del Commissario Brunetti.

“The waters of eternal youth” non si discosta dal fascino abituale dei romanzi di Donna Leon. Il giallo c’è, ma per almeno metà delle pagine non è protagonista. Perché contano almeno altrettanto le passeggiate del commissario per la città, le cene dalla suocera nobildonna con palazzo che si affaccia sul Canal Grande, i bacari dove mangia le moeche, le discussioni con moglie e figli, spesso più lucidi i di lui (del resto la moglie insegna letteratura inglese e ama Trollope e Henry James).

Il rischio cartolina c’è, ma fino ad un certo punto. Perché dopo trent’anni Donna Leon è diventata molto veneziana, e forse per questo non vuole che i veneziani leggano i suoi libri. È lettrice attenta dei quotidiani locali e nei suoi libri sono sempre presenti le polemiche sul Mose (in quest’ultimo non mancano i riferimenti alla cronaca giudiziaria sul caso), sulle grandi navi (lei è fermamente contraria), sui vaporetti pieni di turisti (e qui l’attualità è massima), sui vecchi negozi che diventano specchietti per turisti («vetro sempre vetro, dappertutto vetro») e si potrebbe continuare. Certo qualche nota stonata c’è. Qui per esempio la Contessa Lando Continui che dà l’avvio alla riapertura di un “cold case” di quindici anni prima. Quel “Continui” all’orecchio italiano suona male e casi analoghi si trovano anche in altri romanzi. Qualcuno ha pensato allora che Donna Leon temesse di apparire troppo imprecisa agli italiani per poter essere da loro apprezzata. E forse per i primi romanzi è vero, errori ci sono. Ma negli ultimi si tratta solo di dettagli minimi, come in questo caso, e di contro la toponomastica della città è assolutamente precisa, anche se qualche volta volutamente retrò.

E allora perché non pubblicare in Italia e a Venezia? Forse perché Donna Leon ha capito che i veneziani amano criticare Venezia e se stessi, ma non amano che a farlo siano gli altri. Le insofferenze di Donna Leon sono quelle degli italiani: anche lei parla della corruzione, delle leggi che non funzionano, delle tasse troppo alte, degli immigrati, degli uffici pubblici che sprecano, ma avverte che queste cose, dette da un’ospite (anche se più che trentennale), suonano diverse, più antipatiche. E lei è forse come il suo commissario Brunetti; che è onesto e un po’ si scandalizza di come vanno le cose, ma alla fine sceglie sempre di passare oltre, di occuparsi dei suoi casi di omicidio e della sua famiglia, senza scontrarsi con un mondo troppo difficile da raddrizzare.

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