Leggero come una “Piuma” ma è il nostro nuovo cinema

La critica fischia, in sala è standing ovation. E sul red carpet volano papere
Di Michele Gottardi
Italian director Roan Johnson (C) arrives with all cast for the premiere of 'Piuma' during the 73rd Venice Film Festival in Venice, Italy, 05 September 2016. The movie is presented in Official competition 'Venezia 73' at the festival running from 31 August to 10 September. ANSA/CLAUDIO ONORATI
Italian director Roan Johnson (C) arrives with all cast for the premiere of 'Piuma' during the 73rd Venice Film Festival in Venice, Italy, 05 September 2016. The movie is presented in Official competition 'Venezia 73' at the festival running from 31 August to 10 September. ANSA/CLAUDIO ONORATI

di Michele Gottardi

“Piuma” è una commedia, e non è per questo che non ha diritto a essere in concorso a Venezia. Anzi, come in passato da Mario Monicelli - che con “La grande guerra” vinse anche un Leone d’oro nel 1959 - a Paolo Virzì (“Ovosodo”), ai molti film francesi, anche recenti, ci sta benissimo. Ma c’è un ulteriore motivo, o forse due, che ne consacrano la sua presenza: il film di Roan Johnson, con tutti i pregi e difetti che ha, è l’immagine di un’Italia immatura. E dunque la commediaè lo specchio fedele delle indecisioni storiche di un paese senza rivoluzioni e del suo cinema; se questo è il miglior esempio di circa 150 film visti in selezione, è giusto che sia in concorso: questo è il nostro cinema. “Liberation” ci va giù pesante: dice che questa Mostra copre con un eccesso di sangue e di morti un vuoto culturale. La critica (parte della critica) fischia il film; la Sala Grande risponde con standing ovation e dieci minuti di applausi.

Detto questo, nemmeno “Piuma” è mirabilis. Ma diverte per una buona ora, fino a quando nella sceneggiatura prevale una certa voglia di esagerare con situazioni limite e con macchiette.

Ferro e Cate sono due maturandi, uno cialtrone, l’altra svagata, entrambi immaturi, che ne combinano un’altra, definitiva: restano incinti. Ma le conseguenze sono ampie e investono le rispettive famiglie, quella più strutturata del ragazzo, che invece rischierà il divorzio, e quella già disastrata di suo, della ragazza. Attraverso i nove mesi della gestazione, la storia di “Piuma”, nome improbabile data alla nascitura, si dipana superando mille problemi e incapacità degli uni e degli altri. «Abbiamo scritto questo film con la mia compagna e un’altra coppia di amici per esorcizzare la nostra paura di quarantenni che cercano di diventare genitori», dice Roan Johnson, italo-inglese, studi al Centro Sperimentale, al terzo film.

Dopo un’attenta selezione con oltre 1200 provini, la scelta dei due ragazzi è andata su Blu Yoshimi e Luigi Fedele, lui alla terza esperienza veneziana dopo l’esordio del 2010 con “La pecora nera” di Ascanio Celestini e “Cavalli” di Michele Rho. Due adolescenti tutt’altro che svagati, nel commento del regista: «La sceneggiatura era scritta, ma abbiamo accettato molti consigli da loro soprattutto nel modo di parlare. Alla fine Ferro incarna e ribalta lo stereotipo di una generazione di imbecilli irrisolti. Forse noi eravamo anche peggio». Eppure non sono solo loro gli indecisi: come nell’Italia contemporanea, gli adulti sono ancora più fragili e si affidano a pochi che decidono per loro.

«Noi non volevamo fare un trattato sociologico, ma raccontare una storia di oggi».

Tra i cliché dei giovani e dei grandi, si intrecciano temi importanti come quella della maternità responsabile, dell’aborto e dell’adozione, nei quali i protagonisti si arrovellano per tutto il tempo. Temi che richiedono un commento maturo, affidato a Michela Cescon: «Il problema della natalità è reale in Italia, non servono spot, ma una politica precisa, aiuti ai giovani che sono soli: i ragazzi del film non vanno da nessuna parte senza i genitori. Occorre avere soldi, lavoro e casa per poter fare figli». Cescon è Carla, mamma di Ferro: «ho accettato perché volevo cambiare personaggio. Nel cinema italiano ci sono due, tre attrici che fanno tutto e a me la commedia non la fanno fare quasi mai. Non ci sono ruoli importanti per le donne nel cinema italiano, non è come all'estero».

Il film sarà ricordato a Venezia anche per le papere gialle che invadono il Lido e volano in un gioco collettivo sul red carpet; sono l’argomento della tesina di maturità di Cate, sono già un simbolo. Il film sarà nelle sale il 20 ottobre.

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