Lezioni di storia al Verdi, tocca a Muzzarelli con la ribelle Giovanna d’Arco
Appuntamento domenica 23 febbraio con il secondo incontro del ciclo ideato dagli Editori Laterza e realizzato con la media partnership de il mattino di Padova. La storica racconta l’eroina per definizione, morta al rogo e poi beata
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Il secondo appuntamento con le “Lezioni di storia” dedicate alla figura del ribelle, domenica 23 febbraio al teatro Verdi di Padova alle 11, avrà come protagonista Giovanna d’Arco, l’eroina francese per definizione, eretica e santa, la ragazza che veste l’armatura e sfida gli inglesi.
A raccontarla sarà una grande storica, attenta alle figure femminili, come Maria Giuseppina Muzzarelli.
Giovanna d’Arco difende il potere costituito del sovrano francese. Da che punto di vista è una ribelle?
«Si è ribelli sempre in relazione a un periodo, a una situazione. Per esempio Giovanna muore al rogo come eretica, quindi ribelle rispetto alla concezione della ortodossia della Chiesa nel 1431, ma nel giro di poco tempo c’è un nuovo processo, che annulla l’esito precedente, per cui non è più una ribelle. Detto questo, è una ribelle perché si colloca fuori dall’ordine imposto alle donne, che avevano solo ruoli marginali, ma anche rispetto a una situazione come quella della Chiesa, che imponeva, sulla base di un dettato del Deuteronomio, di vestire rispettando il proprio genere; invece lei veste in un modo maschile, sostenendo che le “voci” le dicevano di fare così: quindi ribelle anche perché ascolta le “voci” anziché la voce istituzionale».
La sua vicenda è talmente anomala, che non esiste a oggi una lettura univoca. Lei come si pone?
«Trovo molto interessante il punto di vista di Christine de Pisan, prima intellettuale donna di professione e contemporanea di Giovanna. Nella sua ultima opera, che si intitola “Le Ditié de Jehanne d’Arc”, Christine de Pisan definisce Giovanna “un miracolo”, eppure sa benissimo che è una figura storicamente provata. Ecco, penso che questa sia una delle definizioni più interessanti, perché viene dal suo stesso ambiente, dal suo stesso periodo».
Rimane nella sua storia un che di misterioso?
«Uno storico come Michelet la definisce “enigma vivente”, forse perché rappresenta l’irruzione dell’Inatteso nella storia. Quando una situazione sembra ormai disperata, ecco che accade qualcosa. In questo caso ad accadere è il protagonismo femminile, l’emergere improvviso di una ragazza che riesce a farsi ascoltare da un Re e a guidare un esercito. È un “enigma” anche se il suo percorso è noto. Ci sono le carte di due processi a documentarlo. Sappiamo che era una ragazza qualsiasi, magari un po’ più religiosa di altre, che viveva in una famiglia in cui il padre, la madre e i fratelli pensavano le stesse cose che pensava lei e che pensavano tutti. Eppure, nonostante questa quota di ordinarietà, gli esiti sono straordinari. È riuscita a convincere tutti che lei poteva avere un ruolo decisivo in un momento delicatissimo della guerra dei cent’anni».
Lei accennava alla trasgressione rappresentata dagli abiti maschili.
«Per molto tempo si è sottovalutata questa questione, ritenendo che fosse semplicemente il modo più congruo di vestire per una ragazza che va in guerra. Ma leggendo gli atti del processo si capisce che questo vestire in panni maschili era una eccezionalità di cui era consapevole, parte non marginale di quello che le voci le dicevano di fare. E quando lei, alla fine del primo processo, aveva sostanzialmente abiurato e aveva accolto l’imposizione di vestire in abiti femminili, qualcuno che ha compreso tutto questo le fa trovare in cella gli abiti maschili e lei ritorna alla sua scelta precedente ed è questa la ragione per la quale finisce al rogo».
Le “voci” sono dunque parte integrante della sua storia.
«Anche Caterina da Siena faceva riferimento a voci e a visioni, che sono le modalità dell’epoca per rendere accettabile qualcosa che diversamente non lo sarebbe. Dopo i primi successi, dopo l’assedio che fa capitolare la città, la realpolitik suggerisce di fermarsi lì. È la posizione del Delfino, che vuole trattare con gli inglesi, ma lei sente le voci che le dicono di andare avanti, che bisogna conquistare Parigi. E questo è l’inizio della fine per lei».
Giovanna D’Arco è una figura che ha avuto nel tempo anche una grande valenza simbolica.
«A fine Ottocento diventa il simbolo dell’utopia: è la donna che è stata tradita dalla Chiesa, dal suo Re. Più tardi viene invocata dalla destra nazionalista di Vichy, ma allo stesso tempo è stata anche considerata un’eroina dalla resistenza. La Chiesa la manda al rogo come eretica, ma dopo annulla tutto e la riconosce venerabile alla fine dell’Ottocento, poi beata e infine l’ha canonizzata nel 1920».
Il programma
Prosegue domenica 22 febbraio con il secondo dei quattro appuntamenti l’ottava edizione delle “Lezioni di Storia”, ideate dagli Editori Laterza, promosse dal Comune di Padova e realizzato con il supporto del Teatro Stabile Veneto e il mattino di Padova - Nord Est Multimedia come media partner.
Il ciclo del 2025 ha come titolo complessivo “Ribelli” a segnalare la rilevanza di quegli uomini e quelle donne che diventano un elemento di rottura, modificano i costumi, segnano una accelerazione nel cammino dell’uomo.
Dopo “Gesù” cui è stata dedicata la prima lezione di Vito Mancuso, è la volta di Giovanna D’Arco che sarà raccontata dalla medievalista Maria Giuseppina Muzzarelli. Il 9 marzo toccherà a Luigi Mascilli Migliorini, massimo esperto italiano della storia francese tra Settecento e Ottocento che si soffermerà sulla figura amata e odiata di Robespierre. Infine lo storico dell’arte Costantino D’Orazio terrà il 30 marzo una lezione su Frida Kahlo. I biglietti (7 euro) sono acquistabili sul sito del Teatro Stabile e in biglietteria.
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