L’oratorio di S. Giorgio, dove si celebra la gloria dei Lupi di Soragna

I Tesori del Santo: fatto costruire dal condottiero Raimondino nel Trecento “rinacque” nel 1837 dopo essere stato adibito a carcere 

PADOVA. Sul sagrato della basilica del Santo, quasi in asse con via del Santo, all’estremità opposta della piazza, sorge l’oratorio di San Giorgio (meta della visita guidata del 10 ottobre), una cappella sepolcrale fatta costruire da Raimondino Lupi di Soragna, negli anni settanta-ottanta del Trecento.

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I Tesori Del Santo: la magnificenza dell'oratorio di San Giorgio


L’aspetto della cappella, all’esterno e nella suddivisione delle pareti interne, affrescate da Altichiero da Zevio, richiama, la cappella di Enrico Scrovegni, che fu una sorta di modello a cui, settant’anni dopo la sua realizzazione, ancora guardarono gli artisti del raffinato e colto clima culturale della corte dei signori Carraresi.

Raimondino fu un condottiero militare al servizio dei potenti del tempo, come Carlo IV di Boemia, i milanesi Visconti, i mantovani Gonzaga. Stabilitosi a Padova, fece costruire il mausoleo, ma non ne vide il completamento, che fu curato dal cugino Bonifacio Lupi di Soragna, titolare della cappella di San Giacomo, nel transetto di destra della basilica, analogamente affrescata dallo stesso pittore.



Al centro della cappella si innalzava la grandiosa arca funebre di Raimondino, alta fin quasi al soffitto e circondata da guerrieri in armatura. Questo complesso scolpito, di cui rimangono alcuni elementi addossati alla parete di sinistra, nel Cinquecento venne smembrato perché i visitatori, entrando, lo scambiavano per la tomba di un santo, e lo veneravano.

I Tesori del Santo: uno straordinario ciclo di visite guidate per voi lettori

Tutto l’edifico conobbe inoltre una storia di abbandono: fu adibito a carcere e gli affreschi vennero ricoperti da uno strato di intonaco, che fu eliminato solo nel 1837. Da quel momento in avanti data la riscoperta di questo piccolo edificio, in cui architettura, scultura e pittura entrano in rapporto simbiotico e in perfetta unione nel senso della glorificazione familiare. La stirpe stessa è raffigurata nel comparto in alto a sinistra, nella zona absidale. I genitori di Rinaldino e i suoi figli, guerrieri a loro volta, catafratti nelle armature un tempo argentee, in ginocchio e accompagnati dai santi, rendono omaggio alla Vergine Maria.



Nessun santo più di Giorgio, il “megalomartire”, il guerriero sauroctono più celebre dell’Europa cristiana, avrebbe potuto meglio celebrare la gloria della famiglia. Sulla parete opposta le storie delle sante Lucia e Caterina, che ugualmente erano care ai Lupi di Soragna, illustrano il loro passaggio dalla terra, grazie a un glorioso martirio, alla dimensione del Cielo.

Anche qui, in questo luogo che fa parte della candidatura Unesco di Padova per i cicli affrescati del Trecento, la resa pittorica ci parla della profonda comprensione della pittura giottesca: il realismo e l’illusionismo spaziale, la volontà di dare consistenza fisica a ogni elemento, architettonico e illustrativo in un generale intento narrativo, in cui sono stati inseriti personaggi contemporanei, come i signori carraresi e Francesco Petrarca, e anche quelle figure di guerrieri mongoli, di mori, di saraceni, ed ebrei che colorano e rendono viva di costumi e acconciature diverse le scene e in particolare nella grandiosa Crocifissione in cui un mondo popolato di personaggi diversi è reso partecipe del dramma di Gesù e della sua ‘temporanea’ morte. —

*Presidente  della Veneranda Arca di Sant’ Antonio




 

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