Marco Pelle, il principe che disegna i sogni delle stelle della danza

Il coreografo vicentino lavora, tra gli altri, con Marcelo Gomes, Herman Cornejo e Roberto Bolle. Vive in America, considerato tra gli italiani più influenti. Sta preparando un Galà delle étoile con Alessandra Ferri in Us

Si è principi o soldatini. È la feroce legge del balletto. Marco Pelle nacque soldatino, 23 anni fa. In una scuola di provincia, nel vicentino, diretta da una grande maestra veneta, Mariaberica Dalla Vecchia. Sta provando, con l’ossessione di cui solo il genio e la determinazione sono capaci, una marcia. Uno, due, uno, due. Il passo più semplice della danza. Dopo circa vent’anni è sempre dietro al palco, in una Arena di Verona di fine agosto. È il 2014. In scena c’è l’étoile Roberto Bolle. Un pas de deux con Polina Semionova: Passage. Il coreografo di quel pezzo nel programma di Bolle&Friends è lui. Il soldatino, come nello Schiaccianoci, è diventato Principe.

Marco Pelle cominciano dalla fine. Cosa sta facendo?

«Sto organizzando, come direttore artistico con l’apporto di Alessandra Ferri, un Galà di stelle della danza, al Michigan Opera Theater, quinto teatro d’opera degli Stati Uniti. Poi per la prima volta un lavoro per la Tv americana, con una coreografia per la serie di Ryan Murphy, Pose, sono l’unico coreografo italiano».

Chi ci sarà al Galà?

«C’è la cosa meravigliosa di avere Alessandra, che ballerà».



Ferri è ritornata sulle scene nel 2013.

«Sì, in uno spettacolo al quale ho collaborato anche io, e dopo sette anni di pausa, Piano Upstairs fatto a Spoleto. È stata un’esperienza incredibile rivedere questo spirito che ha dentro riprendere possesso del suo corpo. Siamo profondamente amici, un legame unico».

Chi sono le altre stelle?

«Lei, Marcelo Gomes, Herman Cornejo, Erica Cornejo e Misa Kuranaga principal dancer del Ballet di Boston sono i più famosi. Farò un mio pezzo T+I, Tristano e Isotta, che ho creato per un festival in California. È un progetto molto ambizioso sul Liebestod di Wagner. C’è una versione solo strumentale fino a che Tristano e Isotta bevono il veleno, che è pozione d’amore. E poi c’è il Liebestod ripetuto e questa volta cantato. Siamo in un teatro d’opera e con Alessandra Ferri abbiamo detto: perché non farlo?».

Chi lo interpreterà?

«Ricardo Graziano è Tristano, prima ballerino a Sarasota Ballet in Florida, Isotta la sto cercando e stiamo cercando anche il soprano».

Cos’altro sta facendo?

«Regia e coreografia di Frida. Lei e Diego Rivera vennero chiamati da Ford e da Rockefeller a Detroit e quindi c’è una forte legacy tra loro e questa città. Io non ero il regista originale, sono il coreografo originale di questo rifacimento».

Invece a New York che progetti ha?

«Ho fatto quest’anno la seconda collaborazione con American Ballet, per la compagnia dei giovani: Abt Studio, sono meravigliosi».

Abbiamo visto in televisione “Passage” con Bolle. Arrivato su Rai1, nel suo paese tutti ora la conoscono, qui lei non era noto come in America.

«Fabrizio Ferri e Roberto dovevano fare un corto legato a Vanity Fair per il Festival del Cinema di Venezia, io dovevo essere a Spoleto con Alessandra e le ho chiesto il “permesso” di tornare a New York per questo lavoro. L’abbiamo veramente costruito in tempi brevissimi. Abbiamo provato sotto questa pioggia le parti di Polina e Roberto e poi sono corso in aeroporto. Chi mi ha visto tutto bagnato deve avermi preso per un matto».

C’è un teatro in Italia dove le piacerebbe lavorare?

«La Scala».



Così, molto convinto.

«Sì. In Italia ho lavorato alla Fenice ed è stato bellissimo, sono stato in Arena anche con Beatrice Carbone,ballerina solista della Scala, al Petruzzelli, a Taormina. La Scala mi manca. Non mi sono fatto avanti, se non ho qualcosa da dire in termini di progetti io non dico. Una volta ero diverso. Avevo un’ambizione...anche per la vita che ho fatto appena arrivato in America, molto wild, facevo lavoretti, non conoscevo la lingua, ho vissuto in luoghi terribili, estremi, ho dormito anche per strada. Sono l’american dream».

Il ballerino con cui vorrebbe lavorare invece?

«Mi piacerebbe collaborare con Misty Copealand».

Negli Stati Uniti c’è una classifica: lei è uno degli italiani più influenti.

«Sono onorato, grato. Poi però penso a tanti altri, quello che fanno in America per la ricerca medica, come Stefano Vella. Noi artisti non salviamo vite umane. Al massimo solleviamo lo spirito». —




 

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