Monselice L’anima e lo sguardo nelle Sette Chiese

Per antica concessione papale chi vi sosta in preghiera ottiene l’indulgenza plenaria, come se fosse a Roma



«Vivere un Giubileo senza andare a Roma». Le parole sono del giornalista e scrittore Gian Antonio Cibotto, molto legato ai Colli Euganei, e bastano a descrivere un privilegio unico di Monselice. Un privilegio dal valore eterno, sancito da una bolla papale: solo a Monselice, come a Roma, è possibile ottenere perennemente l’indulgenza plenaria, percorrendo il breve pellegrinaggio delle Sette Chiesette che scala il Colle della Rocca e porta fino alla chiesa di San Giorgio e a Villa Duodo. E per chi non riesce a respirare aria di santità, il percorso delle Sette Chiesette fa sicuramente respirare quella dell’incanto, artistico e naturalistico.



Il percorso delle Sette Chiesette è uno dei simboli di Monselice, uno dei quindici Comuni del Parco dei Colli Euganei. Per capire l’importanza di questo luogo è necessario calarsi nel fervore del rinnovato cattolicesimo di inizio Settecento, alimentato in particolare dal Concilio di Trento. La Serenissima vuole, in questi anni, rinsaldare i rapporti con la Santa Sede e tra le pedine di questo disegno c’è anche Pietro Duodo, ambasciatore a Roma dei veneziani. La famiglia Duodo è già proprietaria di un colle a Monselice. Nel novembre 1592 ottiene dal papa Clemente VIII l’autorizzazione a demolire l’antica chiesa di San Giorgio – che si trovava dove oggi c’è Villa Duodo – e a progettare e costruire un palazzo e una nuova chiesetta. Viene incaricato per questo l’architetto Vincenzo Scamozzi, uno dei tre grandi dell’epoca. Nel 1597 la nuova chiesa di San Giorgio è completata ed è qui che parte l’ambizioso progetto di Pietro Duodo.



A papa Paolo V viene prospettata l’erezione di sei cappelle lungo un percorso in salita che corre sul pendio del colle e che arriva fino alla chiesa di San Giorgio. Duodo chiede alla Santa Sede che la via delle Sette Chiesette di Monselice abbia pari dignità ed efficacia di quella delle Sette Basiliche di Roma. E la concessione arriva: lo mette per iscritto in una bolla papale Paolo V.

Nell’arco di ingresso al santuario, nella Porta Romana eretta nel 1650, ancora oggi si legge la scritta “Romani Basilicis Pares” (che conferma l’uguale dignità rispetto al percorso romano), mentre in una lastra di marmo collocata all’ingresso della chiesa di San Giorgio è scolpito l’intero testo della bolla, conservata negli Archivi Vaticani a Roma e riconfermata il secolo successivo da papa Clemente XIII.



Scrive invece appena qualche anno fa – era il 1999 – il nostro Cibotto: «Non c’è bisogno di finire nella gran baraonda romana, dove già tutti gli alberghi sono prenotati. Per avere l’indulgenza plenaria basterà andare fino a Monselice, e dire le preghiere di rito nelle Sette Chiese incamminate verso San Giorgio, dove ci si trova davanti alla meraviglia dell’esedra dell’architetto Scamozzi». –





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