Nel giardino e nel cuore di Claude Monet

In barca sulla Senna o nello spazio di casa gli anni di Argenteuil immerso nella natura
Di Marco Goldin

di MARCO GOLDIN

Nell’autunno del 1871 Claude Monet rientra a Parigi, dopo il tempo del rifugio a Londra assieme a Pissarro - per i fatti della guerra Franco-Prussiana - e i mesi trascorsi a Zaandam, in Olanda. Da lì porta visioni delle tipiche imbarcazioni locali, che si muovono nel vento sulle acque del fiume Zaan. È una sorta di prefigurazione di quanto, poco dopo, tornerà a essere la Senna, nei quadri che preparano il vero periodo impressionista. Ed è quasi certo che i primi esperimenti nel dipingere dal centro del fiume a bordo di una barca, anticipazione dunque del bateau-atelier, siano avvenuti proprio in Olanda. A segnalare un’importante modificazione del punto di vista: il non essere più davanti alla natura ma al suo centro, facendone intimamente parte. Ciò che troverà perfezione di visione e sentimento nel tempo finale dedicato al poema incantato delle ninfee, nel giardino dei miracoli a Giverny.

Il 21 dicembre di quel 1871, in una breve lettera, Monet annuncia a Pissarro di essere “nel pieno del trasloco”, mentre sappiamo da Boudin che il 2 gennaio 1872 egli si è recato ad Argenteuil a “inaugurare la nuova casa” di Monet. In modo sommesso e silenzioso, come spesso accade a ciò che diventerà fondante, si apre il periodo di Argenteuil, che segnerà la vera e propria età dell’oro dell’impressionismo. Una cittadina di 8.000 abitanti situata all’incrocio delle reti ferroviarie dell’Ovest e del Nord e collegata alla stazione Saint-Lazare di Parigi, distante solo dieci chilometri, da un treno che passa ogni ora e impiega non più di quindici minuti.

La guerra da poco conclusa aveva visto la distruzione sia del ponte ferroviario sia di quello carrabile a pedaggio, che verranno subito ricostruiti e diventeranno, soprattutto quello ferroviario, temi tra i maggiori della pittura di Monet nella prima metà degli anni settanta. Le guide turistiche pubblicate in quel tempo, parlano di Argenteuil come di “una città molto graziosa, costruita in un ambiente piacevole su una piccola collina coltivata a vigneti, che giungono fino a lambire la riva destra della Senna”.

Nei quasi sette anni trascorsi con la sua famiglia ad Argenteuil - dove la Senna si apre in una grande ansa che crea una sorta di lago, sopra il quale si sviluppa anche un turismo legato sia al canottaggio che alla vela - Monet realizza circa 180 tele. Almeno fino all’estate del 1874, quando si è appena conclusa la prima mostra impressionista al 35 di boulevard des Capucines, nello studio di Nadar, la vita della famiglia Monet trascorre in una discreta agiatezza. Ciò è dovuto al fatto che Durand-Ruel, il mercante del pittore, ha operato diversi acquisti e ciò ha tra l’altro reso possibile l’affitto di quest’ampia casa con il giardino. Situata all’incrocio tra rue Pierre Guienne e il boulevard Saint-Denis, è stata probabilmente segnalata a Monet dall’amico Manet, che conosce bene la proprietaria, la signora Emilie-Jeanne Aubry.

Dalle vetrate della casa, che Monet libera dai grandi fogli di carta nera collocati dal precedente affittuario, egli può vedere “a quaranta o cinquanta passi tutto quello che avviene sulla Senna”. Anche se sembra improbabile che abbia eseguito, come invece afferma, le sue “prime scene nautiche di Argenteuil” da questo punto.

Nei primi mesi del 1872 la Senna, con alcuni suoi angoli riparati - come ad esempio un piccolo braccio che costeggia l’isola Marante, dove grandi pioppi si riflettono sull’acqua - diventa il tema principale della pittura. Anche se, come sempre capiterà al pittore in tutta la sua successiva e meravigliosa avventura, gli serve tempo per entrare nello spirito dei luoghi. Per cui questi mesi di fine inverno del 1872 sono piuttosto una sorta di ricerca di un sentimento che possa esprimersi nel colore. Fino a quando Monet, su suggerimento del fratello Léon, partecipa a Rouen all’annuale mostra municipale di pittura, cogliendo anche l’occasione per alcune nuove tele, tra cui le più belle rimangono certe visioni della Senna con le torri della cattedrale gotica sul fondo, come fantasmi nel cielo lattiginoso e grigio di nuvole.

Al suo rientro ad Argenteuil, sembra entrare definitivamente dentro quello spirito che darà segno e senso all’impressionismo, che in due anni da allora celebrerà il suo primo appuntamento ufficiale.

La Senna è il centro di tutto, e la maggior parte delle vedute colte dalla riva sinistra non possono essere state dipinte che da un’imbarcazione, quel bateau-atelier che egli descriverà così: “Una vendita fruttuosa mi fece piovere in tasca, in un colpo solo, abbastanza denaro per acquistare una barca e farvi costruire con delle tavole di legno una cabina, dove avevo giusto posto abbastanza per sistemarvi il mio cavalletto”. Da quel momento i motivi della sua pittura si allargano e Monet è sempre più padrone dello spazio attorno a lui: sarà allora il ponte ricostruito, le barche galleggianti e ondeggianti tra il vento e i profumi, le luci sontuose e umili che si posano sull’acqua, i colori delle ombre rilasciate dagli alberi, i campi, i campi fioriti, i campi con il rosso dei papaveri. Tutto un mondo che si apre e dilata lo spazio.

Ma da un’altra parte, in un altro luogo del suo occhio miracoloso, Monet sente la forza segreta e silenziosa dell’hortus conclusus. Sente battere come l’ala del destino quel soffio che lega la brevità del tempo alla brevità dello spazio, che adesso è il giardino della sua casa ad Argenteuil. Così convoca, in quel breve tratto di mondo e di vita, la giovane moglie Camille e il figlio Jean. Nasce una manciata di quadri che ha pochi paragoni di bellezza in tutta la sua opera, a cominciare dal quadro incantato, e tutto pieno di risonanze e fragranze, che vedremo in mostra a Treviso e proveniente dall’Art Institute di Chicago, “La casa dell’artista ad Argenteuil”, del 1873.

Al centro del quadro, il piccolo Jean tiene in mano un cerchio per giocare e ci volge le spalle. Dalla porta della casa, la mamma osserva il bambino, nel loro invisibile dialogo fatto di silenzi struggenti. Fatto di colori infiniti che si librano nell’aria e galleggiano, si sospendono sotto il cielo, sotto l’azzurro, sotto il bianco delle nuvole. Tutto attorno, la fioritura primaverile, i vasi, le aiuole, gli alberi. Quella che è insieme perfezione ma anche brivido del magma e del caos, quell’amore per il colore tramato che il pittore ritroverà anni dopo in un altro giardino. Ma adesso quel pittore pianta il suo cavalletto sulla terra di questo giardino, sulla terra sparsa di luci come ceneri di petali. Dal suo cavalletto, come dalla tolda di una nave, dal centro discosto di quello spazio, dipinge apparizioni e segreti. Dipinge il dolce tremore che coglie davanti al tempo che anche tra i fiori s’insinua. Senza sapere.

(3 - continua)

Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova