Non c’è scuola senza sostegno ma gli insegnanti sono lasciati soli

https://www.scuolaedocenti.it
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Non c’è scuola senza sostegno, la scuola ha bisogno di sostegno, i ragazzi certificati hanno bisogno della scuola. Sono 250mila gli alunni speciali quest’anno iscritti a scuola, 250 mila bambini e ragazzi che hanno estrema necessità di un supporto nel loro percorso di studi. E quei docenti, sempre pochi, drammaticamente pochi, sono dei pilastri, persone alle quali vengono affidate le giovani fragilità della società, ragazzini che senza una mano tutta per loro non ce la farebbero, non vedrebbero nemmeno uno scorcio del mondo che può dischiudersi davanti a loro se adeguatamente seguiti. Perché non è solo questione di studio, di ammonticchiare nozioni, di imparare materie, certo anche, ed è fondamentale, ma quel che conta ancora di più è introdurli in un contesto di pari che li accolga. Impresa che non sempre riesce.

Magari non tutti gli insegnanti di sostegno sono degli “eroi”, ci sono anche quelli che si tirano indietro per definizione, per indole, perché quello è il modo nefasto in cui lavorano, ma ce ne sono tanti e tanti che si spendono oltre loro stessi. Che a quei ragazzini pensano anche fuori dall’orario scolastico, a come fare per renderli partecipi, a mettere assieme le loro caratteristiche personali con le necessità della scuola, che si inventano l’inventabile pur di far fare passi avanti ai loro ragazzi. Sono indispensabili e silenziosi, questi insegnanti, loro che si ritrovano relegati agli ultimi posti nella superficiale considerazione altrui, come dire in fondo alla graduatoria del mondo della scuola. Quasi fossero un optional, una presenza ai margini, poco considerati, peraltro molto malpagati come tutti gli altri insegnanti.

Fatto, questo, che già da solo è uno scandalo italiano. Come lo è la grave, allarmante, carenza di docenti che dovrebbero ricoprire i posti di sostegno. Manca circa il 40 per cento degli insegnanti e capita spesso che gli incarichi siano affidati a persone non specializzate e prive delle competenze necessarie a seguire in maniera adeguata gli studenti. Risultato, la presenza del docente, metti anche motivato, si riduce a far passare il tempo, così, per tirare fino alla campanella. Ma capita anche peggio. Che i dirigenti siano costretti a chiedere alle famiglie di non portare i propri figli a scuola. Figli che avrebbero bisogno del sostegno. Ritardi nelle assegnazioni e tagli, e i genitori si sentono rispondere dal preside di turno che il ragazzo è meglio se rimane a casa perché a scuola non potrebbe essere seguito. Si spengono le parole in gola a una mamma e a un papà che si senta dire qualcosa del genere, la battaglia è invincibile, un muro contro cui si può solo sbattere la testa. Perché questo è il risultato, la disperazione nella disperazione. Qualcuno diceva che «Il vero livello di civiltà di ogni società si misura da come vengono trattati i suoi membri più vulnerabili». Ecco, appunto.

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