Pievi e abbazie La Bassa padovana e i suoi tesori

Una zona quasi inesplorata dove seguire un percorso  segnato dalla fede e dalle antiche tradizioni



Ci sono la leggenda mariana del Tresto e l’incantevole chiostro di Carceri. Ci sono il prodigio di San Fidenzio e il fascino della piccola chiesa romanica della Ciesazza. E ancora, la chiesetta che nasce nel vecchio alveo dell’Adige, a Saletto, e il monastero lungo il Fratta di San Salvaro. C’è una linea ideale che segna tutta la Bassa padovana, ingiustamente inesplorata, seguendo i percorsi segnati dalla fede e dalle antiche tradizioni, dall’architettura vecchia anche di un millennio e delle identità che resistono ai secoli. La linea tocca monasteri, abbazie e piccole pievi, che troppo spesso escono dagli itinerari turistici principali.

Dal tresto a carceri

A Ospedaletto Euganeo, in località Tresto, sorge un santuario nel luogo della miracolosa apparizione di Maria al barcaiolo Giovanni di Bartolomeo Zielo, la notte del 21 settembre 1468. È la stessa Maria a indicare all’umile uomo i disegni e le misure per edificare quella chiesa. Al suo interno ci sono pezzi di valore: il “quintan”, preziosa corazza di ferro donata da Bonifacio de’ Rossi miracolosamente guarito da una ferita riportata in battaglia, ma soprattutto la pala della Madonna del Tresto, opera attribuita a Jacopo da Montagnana (1140-1190). Intorno all’anno Mille nasce invece l’Abbazia di Santa Maria delle Carceri, prima “feudo” agostiniano, poi casa dei camaldolesi, quindi azienda agricola della famiglia Carminati. L’Abbazia è per secoli il cuore religioso, economico e culturale della Bassa. Oggi sede di un museo dedicato alla civiltà contadina, Carceri vanta uno degli angoli più suggestivi della provincia, quello del chiostrino romanico che si candida ad essere uno dei più belli del Veneto.

Da san fidenzio alla ciesazza

La leggenda passa anche per Megliadino San Fidenzio, località di Borgo Veneto, dove solo da pochi mesi la chiesa arcipretale è stata elevata a Duomo: nel 964 il vescovo di Padova Gauslino Transalgardo fece trasferire qui le spoglie di San Fidenzio. Anzi, fu “invitato” a trasferirle qui: la barca con le spoglie del santo, dirette e Padova, naufragò fino a queste zone e, durante il viaggio su un carro, i buoi si fermarono proprio a Megliadino rifiutandosi di proseguire. In quel punto un angelo piantò il suo bastone che miracolosamente fiorì diventando un maestoso rovere. La Ciesazza, lungo la strada che da Ponso porta verso i confini rodigini, è uno dei pochi esempi rimasti di chiesa campestre romanica nella Bassa. Nota anche come chiesa di Santa Maria de’ Prati, accoglie alcuni affreschi del Trecento. Il fascino è quello della chiesetta campestre che resiste ai secoli, anche quando tutto intorno cambia, proprio come la chiesetta di San Silvestro a Saletto di Borgo Veneto. Viene menzionata per la prima volta in un documento testamentario di Tancredi, figlio di Ugo Marchese del Manso del 1145, ma alcuni studi parlano di un’origine addirittura longobarda. Il modesto – ma prezioso – patrimonio lapideo e di affreschi rende la pieve un piccolo museo-campestre.

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