Spazialisti a Venezia Cercando la luce la tela assume nuove dimensioni

venezia
Cercatori di luce. “Spazialisti a Venezia” - appena aperta (fino al 16 settembre) nella sede della Fondazione Bevilacqua La Masa di Piazza San Marco a Venezia - ma allargata anche a quella di Palazzetto Tito, per spingersi fino a Forte Marghera, con una sezione dedicata alla grafica coinvolgendo la storico stamperia Fallani - è certamente la più ampia mostra dedicata alla corrente veneziana del movimento ideato nel 1954 a Buenos Aires da Lucio Fontana con il cosiddetto “Manifesto Blanco”, da lui ispirato, facendo delle dimensioni del tempo e dello spazio, anche attraverso l’esaltazione della luce la ricerca di una nuova dimensione pittorica.
«Dovevo cercare la luce» scriveva non a caso in quegli anni Mario DeLuigi, uno degli artisti veneziani aderenti al movimento, elaborando la sua tecnica pittorica del “grattage” «cioè il valore strutturale. Ho capito che, distruggendo il segno, toglievo tutto quello che poteva essere significativo, e così facendo appariva la luce». Da qui seguirono i diversi, successivi, manifesti dell’Arte Spaziale, fino a quello del 1951, a cui aderirono artisti veneziani come Virgilio Guidi, Mario Deluigi, Vinicio Vianello. E poi, più avanti, Tancredi, lo scultore Bruno De Toffoli, Edmondo Bacci, Gino Morandis. Ma anche, pur non firmando, i più giovani Riccardo Licata, Bruna Gasparini, Luciano Gaspari, Saverio Rampin, Ennio Finzi.
Un gruppo di artisti che a Venezia mosse i primi passi tra la galleria del Cavallino (collegata al Naviglio di Milano sotto l’egida dei fratelli Carlo e Renato Cardazzo)e il ristorante La Colomba nella prima parte degli anni Cinquanta. E intorno a questa stagione felice dell’arte veneziana che è costruita l’ampia mostra - circa 150 opere - curata ora da Giovanni Granzotto, critico e studioso dello Spazialismo ma anche importante mercante d’arte, che ha saputo così raccogliere un nucleo di opere importanti tutte provenienti da collezioni private. Uno sforzo organizzativo notevole per la stessa Bevilacqua La Masa, presieduta da Bruno Bernardi, nonostante le difficoltà economiche in cui si dibatte. La tesi di Granzotto è che gli Spazialisti veneziani, più che innovare, abbiano adattato la “liberazione” spaziale alla loro idea di pittura.
Ma ciò che conta è soprattutto, in questo caso, la possibilità di ammirare tutte insieme opere in molti casi di grandissimo valore pittorico. Non solo quelle di Fontana che, con i tagli e i buchi, porta la tridimensionalità nella propria dimensione pittorica, “sfondando” la tela. Ma le straordinarie tecniche miste, gli oli, le tempere, fatte di piccoli punti e segni vibratili uniti a una straordinaria sensibilità per il colore. Una pittura che va osservata da vicino, quella di Tancredi, per scoprirne la segreta magia, l’impalpabile leggerezza che sfiora il nostro sguardo. Ma importante riscoprire, in questa mostra - a Palazzetto Tito - l’essenzialità raferatta delle prime marine di Virgilio Guidi, gli “Amori” di Deluigi che anticipano la nuova stagione del “grattage”. E, ancora, la pittura “cosmica” di Morandis, la razionale eleganza di Bacci, i bellissimi oli giovani di Licata, la sorprendente freschezza ancor oggi della “Ricerca spaziale” di Bruna Gasparini. —
Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova