Sulle tracce di un intrigante Giotto negli affreschi della Basilica

I Tesori del Santo: la mano del maestro nella Sala del Capitolo e nelle cappelle della Madonna Mora e della Benedizione

PADOVA. La presenza di Giotto nella basilica del Santo è attestata in vario modo nelle fonti antiche, che ricordano l’attività del grande maestro all’interno del complesso antoniano: nella Sala del Capitolo, e, in modo meno chiaro e univoco, i suoi affreschi in una o più cappelle.

Negli ultimi anni l’attività di studio e coordinamento in vista della preparazione della candidatura di Padova come patrimonio universale Unesco, per quanto riguarda i cicli ad affresco del Trecento, ha sollecitato un nuovo interesse degli studiosi nei confronti delle pitture di Giotto che ancora si conservano, pur pervenute in uno stato parzialmente compromesso.

ZANETTI-AGENZIA BIANCHI-PADOVA -VISITA GUIDATA AL SANTO PER I LETTORI
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Le indagini si sono svolte sul piano storico critico, verificando gli antichi documenti e soprattutto sottoponendo quanto è rimasto a una accurata indagine stilistica (il primo strumento metodologico dello storico dell’arte!), e su quello diagnostico, sfruttando le strumentazioni più sofisticate per verificare gli strati di intonaco dipinto, la loro sovrapposizione, la loro datazione, la compatibilità dei pigmenti pittorici con quelli in uso nel Trecento e in ambito giottesco.

L’attività del maestro fiorentino si può localizzare almeno in tre punti precisi del complesso chiesa-convento: la Sala del Capitolo, la cappella della Madonna Mora (già intitolata a Santa Maria mater Domini), la cappella delle Benedizioni, la prima dell’ambulacro di destra, che oggi sappiamo essere stata, almeno per un periodo, di proprietà della famiglia Scrovegni, anche se non sappiamo chi di preciso ne ebbe per primo il giuspatronato.

I Tesori del Santo: il cantiere che investiga sulle tracce di Giotto


Il ciclo affreschi frammentario della Sala del Capitolo si sta rivelando, alla luce delle ultime indagini svolte, il più intrigante, e la sua iconografia induce a riflettere anche sulle modalità, relativamente tarde, in cui si diffuse l’immagine di Antonio, sepolto nella basilica; la sua vera “presenza”, almeno nei primi decenni successivi alla morte, fu percepita in modo tale da non richiedere raffigurazioni sostitutive.

Nella cappella della Madonna Mora l’attribuzione a Giotto dell’affresco retrostante l’altare (Dio padre con angeli cantanti e incoronanti, i profeti Isaia e Davide) ha veramente rialzato l’interesse nei confronti di questo vano, dove dapprima fu sepolto il Santo. Sorta di “Porziuncola” padovana, la cappella fu come la gemma da cui sbocciò, muro a muro, la grande basilica cupolata, in cui la tomba del Santo nel 1350 venne definitivamente collocata nel transetto di sinistra, dunque a pochi passi rispetto alla primitiva chiesuola di Santa Maria mater Domini, annessa al convento dove dimorò Antonio.

ZANETTI-AGENZIA BIANCHI-PADOVA -VISITA GUIDATA AL SANTO PER I LETTORI
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Infine è veramente recente uno studio che ha rilevato la presenza dello stemma degli Scrovegni nel sottarco dell’attuale cappella delle Benedizioni, in antico cappella di Santa Caterina. Le figure di Sante, sola parte superstite della decorazione trecentesca, da tempo erano state valutate come di stretta pertinenza giottesca, ed è auspicabile che un prossimo restauro, restituendo loro chiarezza e leggibilità, possa dare indicazioni precise sull’attività di un cantiere giottesco, che motivi stilistici e storici suggeriscono di situare proprio all’inizio del Trecento e prima dell’intervento del maestro nella cappella di Enrico Scrovegni all’Arena. —




 

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