Valentina, la vita è un viaggio

Lodovini giurata al Detour festival di Padova: «Recitare è uscire dai confini»
03/09/2017 Venezia, 74 Mostra Internazionale d' Arte Cinematografica. Red carpet Premio Kineo. Nella foto Valentina Lodovini
03/09/2017 Venezia, 74 Mostra Internazionale d' Arte Cinematografica. Red carpet Premio Kineo. Nella foto Valentina Lodovini
PADOVA. Il suo motto è “conoscere per crescere”. Valentina Lodovini è un’attrice vorace di esperienze, sempre alla ricerca di nuovi stimoli, per nulla spaventata dall’ignoto. Si definisce una spettatrice prima che un’interprete: per questo il ruolo di giurata al Detour, festival di fulm di viaggio in corso a Padova, lo vive con grande entusiasmo, un’altra occasione per vedere film, entrare in contatto con realtà e sensibilità inedite. «Adoro fare parte di una giuria» confessa. «A volte quando mi chiedono che mestiere faccio, rispondo proprio così: la giurata».


Dietro il suo coinvolgimento al Detour c’è lo zampino di Marina Zangirolami, la moglie di Carlo Mazzacurati: «Ci siamo sentite qualche tempo fa e si è materializzata questa possibilità. Quando poi ho scoperto che il direttore del Detour era Marco Segato, si è affacciato alla memoria un ricordo dolcissimo». Marco Segato è stato, infatti, assistente alla regia di Mazzacurati ai tempi di “La giusta distanza”, un film che per Valentina Lodovini ha un significato particolare. «Era il mio primo ruolo da protagonista» ricorda. «È stata una esperienza molto ricca. Di gioie, di parole, di silenzi e di scoperte. Mi ha cambiato la vita anche perché prima di allora il cinema lo avevo più che altro studiato. Con Carlo ho scoperto come si fa mestiere dell’attrice e, per ironia della sorte, il mio primo film importante lo ha diretto proprio uno degli autori che più amavo sin dai tempi della scuola». Di questa esperienza l’attrice non smetterebbe mai di parlare. «Carlo era un uomo di grande sensibilità, talmente intelligente da chiedere sempre la tua opinione, pur senza essere tenuto a farlo. Era molto attento: a lui sarò sempre grata perché in “La giusta distanza” c’era l’essenza della vita. E poi ho amato moltissimo i luoghi del film che mi sono entrati nel cuore, affascinata dai colori, dalle nebbie e dagli odori di quella terra. E stato un viaggio indimenticabile”.


E viaggiare è proprio il cuore del Detour: «Per me è vitale. È un’esperienza fondamentale. Ogni film è un viaggio attraverso il personaggio che interpreto. Poi c’è anche quello fisico, lo spostamento. Da questo punto di vista sono una privilegiata perché faccio un lavoro che non ha confini e ti porta molto spesso a vedere luoghi incredibili. Da un viaggio, bello o brutto, non torni mai come prima: questa evoluzione mi affascina».


Per Lodovini i confini non dovrebbero esistere neppure nell’arte ed è per questo che cinema, televisione e teatro (attualmente sta lavorando al monologo “Tutta casa, letto e chiesa” di Fo e Rame) non hanno un ordine di preferenza. «È come se mi chiedessero se voglio più bene a mamma o a papà. Ho un amore incondizionato per il mio mestiere, a prescindere dai linguaggi. Non faccio distinzioni sul mezzo ma, semmai, tra film belli e film brutti, storie affascinanti e copioni scadenti».


E, a proposito di confini, il cinema italiano, intanto, sta dimostrando una sorprendente vocazione internazionale, con molti autori che scelgono di girare all’estero con attori stranieri. «Trovo sia una tendenza meravigliosa, esaltante. Peccato che non sia ancora molto frequente il contrario: è raro che un regista straniero cerchi un attore italiano. Se mi chiamasse una produzione internazionale, la lista dei registi con i quali sogno di lavorare è lunghissima: da Scorsese a Paul Thomas Anderson, da Dolan a Robert Guédiguian con cui ho condiviso l’esperienza della giuria Orizzonti a Venezia nel 2016». Pezzi da 90: «Beh, se devo sognare, lo faccio in grande».


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