«Con il pesce ormai tiriamo su tonnellate di plastica, ma i pescatori hanno coscienza»

Parla Daniel Zennaro, comandante di due motopescherecci chioggiotti che praticano la “pesca volante” in tandem. «Dieci anni fa si rigettava tutto in mare, adesso raccogliamo e scarichiamo la sera nei cassoni in porto, al rientro»

CHIOGGIA. In un mare di plastica. Aumentano anche in Adriatico le presenze di plastiche e microplastiche che a ogni calata delle reti finiscono inevitabilmente in mezzo al pescato. Ma sta aumentando anche la sensibilità di chi va per mare, per lavoro o per diletto, nel raccoglierle e smaltirle in modo corretto.

Ce lo racconta Daniel Zennaro, classe 1987, comandante dei motopescherecci Augusta Zennaro e Bruno Zennaro, su cui lavorano una dozzina di persone.

Daniel dal 2006, completati gli studi, va per mare ogni giorno, prima come mozzo, poi come marinaio e da qualche tempo come comandante. La sua famiglia pratica la pesca “volante”, con un’unica rete pelagica trainata da due imbarcazioni in contemporanea, che lavorano in perfetta sincronia.



Com’è la giornata tipo?

«Varia molto in base alla stagione e agli eventuali imprevisti che possono succedere nel corso della battuta di pesca. D’inverno partiamo molto presto, all’una o alle due, e rientriamo dopo le 18, mentre d’estate partiamo verso le 4 e rientriamo per le 16, finendo la cernita a terra per iniziare a sbarcarlo il prima possibile. Queste differenze sono dovute al fatto che il pesce è molto sensibile al clima e alle stagioni: d'estate si avvicina alle coste e quindi spesso basta allargarsi di qualche miglio per trovare i banchi, dalle 3 alle 6 miglia a seconda delle ordinanze della Capitaneria i porto; d’inverno è più complicato trovarne quindi dobbiamo fare molte più ore di navigazione, e consumare molto più carburante, allontanandoci anche di 70, 80 miglia dal porto per fare una o al massimo due operazioni di pesca e correre a terra».

In quanti siete in ogni battuta di pesca?

«Siamo in tre comandanti, io, mio padre Mauro Zennaro e mio zio Ivano Zennaro, due motoristi e una decina di marinai. Di solito la flotta si attesta su una quindicina di persone, ma negli ultimi tempi abbiamo dovuto scendere a 12 per cercare di limitare le spese. Abbiamo deciso di ridurre il personale da un lato per abbassare i consumi di gasolio, dall’altro per diminuire la quantità di pescato a tutela del mare. Il nostro prodotto leader è il pesce azzurro (sardine, alici, sgombri, papaline)».

Oltre all’azzurro negli ultimi tempi trovate altri colori nella rete…

«Purtroppo sì. Ogni volta che andiamo fuori per una calata, assieme al pesce tiriamo su sempre dell’altro. Rifiuti che si impigliano nella rete: vecchie lattine, bottiglie di plastica, corde, sacchetti di nylon, stracci, contenitori di detersivo. Negli ultimi cinque anni ho potuto costatare con i miei occhi che c’è stato un grosso incremento di rifiuti in mare, e di plastica in particolare. Con la pesca “volante”, la rete non è sempre a fondo, spesso è leggermente sospesa dal fondale, ma nonostante questo, ogni volta che la tiriamo su troviamo rifiuti, significa che la quantità presente è davvero ingente».

Cosa fate quando in mezzo al pesce trovate questi rifiuti?

«Raccomando sempre ai marinai di non lasciarli ricadere in acqua, ma di raccoglierli nei sacchi delle immondizie che abbiamo in barca, che la sera scarichiamo negli appositi cassoni del mercato ittico, oppure, se sono grandi, di tenerli da parte in un angolo per poi ugualmente scaricarli nei cassoni la sera. Lla maggior parte dei marinai è sensibile al problema. Mentre dieci anni fa c'era un un atteggiamento di indifferenza e quando un rifiuto veniva tirato su l'istinto era quello di rigettarlo in mare, soluzione più sbrigativa e meno faticosa, oggi la consapevolezza è cambiata e di propria iniziativa molti marinai raccolgono i rifiuti».

Avete adottato iniziative particolari per aumentare questa sensibilità?

«Già da qualche anno collaboriamo con alcuni biologi che escono con noi a bordo dei nostri pescherecci, studiano gli impatti ambientali della pesca sui delfini, sulle tartarughe e svolgono altri tipi di studi. La loro presenza a bordo è preziosa, anche col semplice dialogo siamo riusciti a imparare molto, a cogliere l’importanza del rispetto per il mare e per l'ambiente che ci circonda. Il 50% delle tartarughe marine nell’arco della vita accusano problemi gastrici o di soffocamento dovuti allo scambio di plastica per cibo, ma il problema non è solo loro, gran parte della catena alimentare marina ormai è compromessa. Anche i pesci più piccoli che mangiamo di solito rischiano di assorbire e ingerire microplastiche che si disperdono in mare visto che la plastica prima di disintegrarsi ci mette centinaia di anni. Il problema della plastica è la scarsa possibilità di riciclaggio, a differenza della carta o del vetro, e la forte dispersione nell’ambiente».



Che cosa è possibile fare secondo voi per ridurre il problema?

«Tutti dobbiamo cambiare il nostro stile di vita. Anche se ci sono numerosi investimenti e associazioni volenterose che si impegnano a pulire il mare, credo che noi pescatori dobbiamo essere i primi a ripulirlo visto che è la nostra fonte di guadagno. Chi va per mare deve raccogliere i rifiuti che vi trova. Immaginiamo se tutti i pescherecci al mondo collaborassero quante tonnellate di rifiuti potremmo eliminare ogni anno».

Una sensibilità verso l’ambiente che è un fatto soprattutto culturale...

«Il problema della plastica è enorme, ma non sottovalutiamo il surriscaldamento del pianeta, il buco dell’ozono. Lo stile di vita è cambiato e tutti noi inquiniamo costantemente l’ambiente che ci circonda senza neanche rendercene conto. Possiamo però intervenire nelle piccole cose quotidiane: riducendo l’uso di plastica mono uso, acquistando prodotti ecologici, evitando di usare l’auto per brevi tragitti, ripulendo l’ambiente quando si trovano rifiuti, che sia il mare durante una gita o un prato dove si fa un picnic….».


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