Consulta, pena severa per documenti falsi in permessi soggiorno

(ANSA) - ROMA, 07 MAR - Non è costituzionalmente illegittima la mancata previsione, da parte del testo unico sull'immigrazione, di una riduzione della pena per chi si limiti a utilizzare un documento da altri falsificato per ottenere un documento di soggiorno. Lo ha stabilito la Corte costituzionale con la sentenza n. 27, depositata oggi, che ha dichiarato non fondata una questione sollevata da un GIP del Tribunale di Vicenza. Lo rende noto un comunicato della Consulta. Il processo principale concerneva un cittadino straniero che aveva presentato alla Questura un certificato di conoscenza della lingua italiana poi rivelatosi contraffatto, al fine di ottenere un permesso di lungo soggiorno per cittadini non appartenenti all'Unione europea. In sede di giudizio abbreviato, il Gip aveva deciso di sospendere il processo e di chiedere alla Consulta se sia legittimo prevedere la pena della reclusione da uno a sei anni sia per chi materialmente abbia falsificato il documento, sia per chi si sia limitato a utilizzarlo. Il Gip aveva in particolare rilevato che il codice penale, nel disciplinare in via generale i reati di falso, prevede una riduzione della pena per chi si sia limitato a fare uso di un documento da altri falsificato. Secondo il Gip, il diverso e più grave trattamento dell'uso del documento falso da parte dell'articolo 5, comma 8-bis, del testo unico sull'immigrazione violerebbe il principio di eguaglianza sancito dall'articolo 3 della Costituzione, con conseguente pregiudizio alla funzione rieducativa della pena, stabilita dall'art. 27 della Costituzione. La Corte, tuttavia, ha ritenuto infondati i dubbi del Gip. Anzitutto, la Costituzione non vieta al legislatore di prevedere un trattamento sanzionatorio più severo, rispetto a quello stabilito per i comuni reati di falso, per i falsi in materia di immigrazione, i quali offendono l'interesse statale a una ordinata gestione dei flussi migratori. In secondo luogo, la Corte ha osservato che la condotta consistente nel semplice uso del documento falsificato per ottenere un documento di soggiorno non deve essere necessariamente considerata meno grave della condotta di falsificazione del documento stesso. Chi presenta un documento falso alla Questura per ottenere un permesso di soggiorno normalmente ha anche concorso nella sua falsificazione, fornendo all'autore materiale i propri dati identificativi. Inoltre, è proprio l'uso del documento a creare l'immediato rischio che venga rilasciato un documento di soggiorno in assenza dei requisiti di legge, mentre la falsificazione del documento costituisce soltanto un'attività preparatoria rispetto a questo scopo. La norma in esame, dunque, non viola né il principio di eguaglianza, né il principio di proporzionalità delle sanzioni penali, desunto dalla finalità rieducativa della pena. (ANSA).
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