Caso Alberto Trentini, il sottosegretario Mantovano: «La situazione è complessa»
Il sottosegratario Alfredo Mantovano rassicura i genitori sul corso delle operazioni dipolamtiche per il rilascio del cooperante veneziano arrestato in Venezuela. Da oggi il via al digiuno a staffetta e firme a quota 78 mila

«Oggi siamo impegnati a riportare Alberto Trentini tra le braccia dei suoi familiari e della sua comunità. La situazione è complessa, la soluzione difficile, ma abbiamo attivato ogni possibile canale e posso garantire ai suoi genitori che stiamo facendo ogni sforzo per assicurare il suo ritorno».
Con queste parole Alfredo Mantovano, sottosegretario alla presidenza del Consiglio e braccio destro del premier Giorgia Meloni, alimenta la speranza per il cooperante veneziano, prigioniero a Caracas da oltre cento giorni e di cui si sono perse le tracce, durante la presentazione della relazione 2024 dell’intelligence.
In questi giorni i genitori Armanda ed Ezio si aggrappano all’unica notizia certa ricevuta riguardo alle condizioni del figlio: che sta bene.

Questa conferma, arrivata all’inizio di febbraio, è l’unico filo di speranza a cui si sono attaccati, visto che da allora non hanno ricevuto altre notizie né avuto più alcun contatto con Alberto o con le autorità. Che il momento continui ad essere delicato lo testimonia anche il silenzio scelto dall’avvocato Alessandra Ballerini, legale della famiglia Regeni, che sta seguendo il caso da novembre scorso.
Proprio in questi giorni Ballerini ha annunciato che da oggi partirà un digiuno a staffetta in segno di solidarietà, con l’obiettivo di «far sapere a tutti che Alberto non è solo».
Decine di persone hanno già aderito all’iniziativa, ma, come sottolinea la mamma Armanda, «bisogna continuare finché Alberto non tornerà a casa». Non è un caso che questa iniziativa inizi proprio il mercoledì delle Ceneri: la famiglia Trentini è da sempre parte della parrocchia di Sant’Antonio del Lido, una comunità che ha accolto con calore la loro lunga attesa. «Noi promuoviamo gesti semplici», afferma il parroco Don Renato Mazzuia, «perché la solidarietà si nutre di gesti concreti e Alberto questo lo aveva ben compreso».
Sono 78 mila le firme che chiedono al governo di agire con urgenza e che in poche settimane hanno invaso la petizione virale per il rilascio immediato del 45enne, dai genitori di Giulio Regeni alle ong internazionali come Humanitarians e Helpcode, per cui Alberto ha lavorato, oltre alle onlus Cefa - il seme della solidarietà, Matemù e Articolo 21 con l’appello di Beppe Giulietti e Ottavia Piccolo.
In questi giorni anche il Comune di Alberobello ha esposto uno striscione in segno di solidarietà al cooperante lidense, dopo la facciata del Palazzo D’Accursio del Comune di Bologna, il Consiglio Regionale Veneto e i municipi di Mestre e Lido.
Tra le ultime iniziative, il «muro virtuale di speranza» per Alberto, lanciato su Miro.com, che ha raccolto oltre 400 selfie da tutto il mondo per chiedere il suo ritorno a casa.
Ad oggi, però, la situazione è in stallo. A due settimane dalla testimonianza pubblica di mamma Armanda Colusso, ospite nella trasmissione di Fabio Fazio, sappiamo che la diplomazia è al lavoro per ottenere la sua scarcerazione, ma non ci sono aggiornamenti sul cooperante lidense. Sono ormai cento giorni dal suo arresto, cento giorni di speranze per la famiglia Trentini: Alberto, infatti, condivideva ogni dettaglio del suo viaggio con la madre Armanda, perfino la mappa di Google per mostrarle la sua posizione. Ma l’ultima, inviata dall’aeroporto di Caracas, non è mai arrivata.
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