Addio a Giancarlo «Genty» Gentilini, il sindaco sceriffo che ha messo Treviso nella mappa d’Italia

Ha segnato un’epoca, riempiendo anche le pagine dei giornali nazionali: il sindaco leghista celebre per le sue scelte forti e la sconfinata passione politica

Gentilini con il cappello di alpino: è andato avanti
Gentilini con il cappello di alpino: è andato avanti

Sindaco, "sceriffo", alpino. Gentilini ha segnato un'epoca nella storia di Treviso, lasciando un'impronta indelebile. Nato a Vittorio Veneto, laureato in legge, non avvocato, entra in Cassamarca e diventa responsabile dell'ufficio legale quand'era Cassa di Risparmio della Marca Trivigiana, prima di De Poli.

Uno sconosciuto legale di Cassamarca che, nel 1994, con la Prima repubblica travolta da Tangentopoli, la Balena Bianca spiaggiata, esce di botto dall’anonimato grazie all’intuito di Gian Paolo Gobbo, che lo sceglie come candidato sindaco della nascente Liga.

L’ex democristiano nostalgico

Gentilini, cappello d’alpino in testa, ex democristiano “nostalgico” di quando c’era Lui. Al motto di “Dio, patria, famiglia”, battendo Aldo Tognana al ballottaggio, si insedia in municipio e cominciano subito le polemiche, clamorosa quella sulla pista ciclabile fuori norma di viale Vittorio Veneto, i frequenti siluramenti in giunta degli assessori non allineati, soprattutto di Forza Italia. Gentilini è il sindaco che non va mai in ferie se non il giorno del patrono della sua Vittorio Veneto, Santa Augusta; che d’estate non tollera l’aria condizionata né in auto blu (pardòn: verde), né in ufficio e infatti in pieno agosto ti riceve in canottiera e fascia Tricolore, mentre d’inverno tiene le finestre aperte gelando le segretarie. «Sono sindaco operativo h24» dice, passando da un cantiere all’altro.

Vent’anni di scelte forti come la realizzazione in una sola notte del sistema di sensi unici del Put, nel 2000; ma anche di una miriade di ordinanze subito smantellate dal Tar o comunque nate morte, come quella che vietava il centro storico ai cani, per non parlare degli autovelox piazzati sul Put e poi rimossi a suon di ricorsi. Anni di cantieri ma anche di attacchi a partigiani e centri sociali, segnati dall’equivoca indulgenza di Gentilini verso le frange di destra degli ultras, con l’Ombralonga trasformata di edizione in edizione in un’orgia di etilisti, fino a che non ci è scappato il morto ed è stata cancellata.

Gentilini ha guidato la città per due mandati fino al 2003, proseguendo poi il suo impegno come vicesindaco e consigliere comunale fino al 2023.

Le sparate e la condanna per razzismo

Anni segnate da controversie e polemiche, anni di esternazioni quantomeno pittoresche. L'omofobia del 2007: "Darò immediatamente disposizioni alla mia comandante (dei vigili urbani) affinché faccia pulizia etnica dei culattoni, i culattoni devono andare in altri capoluoghi di regione che sono disposti ad accoglierli. Qui a Treviso non c'è nessuna possibilità per culattoni o simili". Anno 2008: "Bisognerebbe vestirli da leprotti per fare pim pim pim col fucile", disse riferendosi agli "extracomunitari perdigiorno". I rimandi ai "bolscevichi" per definire gli avversari in consiglio comunale. Nel 2014 la condanna in via definitiva per istigazione alla violenza razziale, in merito alle frasi pronunciate nel 2008 alla festa della Lega con rimandi alla pulizia etnica.

Eletto sindaco nel 1994, Gentilini ha guidato la città per due mandati fino al 2003, quindi il passaggio di testimone a Gobbo e la ricandidatura nel 2013 e la sconfitta contro Giovanni Manildo, candidato del centrosinistra. L'impegno è proseguito come consigliere comunale fino al 2023.

E' morto il 24 aprile, poche ore dopo l'ingresso in ospedale, dopo qualche giorno segnato da problemi di salute. Lascia la moglie Maria Assunta e i figli Antonio e Stefano. Vastissimo il cordoglio in città e in provincia. I funerali martedì 29 aprile alle 15.30 nel tempio di San Nicolò, presiederà la liturgia funebre il Vescovo di Treviso, mons. Michele Tomasi.

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