Ecco le pantere dell’Imoco che hanno vinto l’oro: Moki miglior libero del mondo e la mitica coppia Fahr e Lubian

Monica De Gennaro alla sua prima medaglia ai Giochi: «Troppo felice era l’ultima occasione». E poi Fahr e Lubian: la toscana ha timbrato la semifinale con la Turchia e 

la piemontese  è l’arma letale dai nove metri

Massimo Guerretta e Pietro Nalesso
Le lascrime di gioia di Moki De Gennaro e l'esultanza di Marina Lubian e Sarah Fahr, le tre pandeter d'oro alle Olimpiadi
Le lascrime di gioia di Moki De Gennaro e l'esultanza di Marina Lubian e Sarah Fahr, le tre pandeter d'oro alle Olimpiadi

Non è la prima volta che la vediamo vincere. Champions, scudetti, Coppe di ogni entità, dimensione e colore. La memoria forse inganna, ma veder piangere Monica De Gennaro è una rarità. Di solito è dominata dall’adrenalina, dalla gioia, dal sorriso, dagli abbracci. Domenica 11 agosto a Parigi ha pianto. Quanto voleva piangere, colei che i coneglianesi chiamano solo Moki. Ma per la gioia, quella di un riscatto memorabile.

Moki, la storia di una grande rivincita

Monica De Gennaro alzata al cielo dalle compagne che l’hanno portata in trionfo celebrando l’oro olimpico che corona la carriera del libero dell’Imoco
Monica De Gennaro alzata al cielo dalle compagne che l’hanno portata in trionfo celebrando l’oro olimpico che corona la carriera del libero dell’Imoco

Quella di Monica De Gennaro è la storia di una grande rivincita. Un insegnamento per tutti: non mollare, mai, davvero.

Perchè dodici mesi fa era stata esclusa, epurata, lasciata fuori dalla porta azzurra. Fuori dal “percorso”. Lei, il miglior libero del mondo.

Non fu l’unica (cartellino rosso anche per Cate Bosetti, Chirichella, poi Egonu) ma dalle nostre parti il rumore fu enorme. Vederla il primo giorno del raduno dell’Imoco, un anno fa, rasentava l’assurdo. Ma c’era già una luce diversa nei suoi occhi: non rabbia, più determinazione.

“Quest’anno non perde neanche a briscola”, si diceva nell’ambiente dopo averla vista al primo allenamento.

E così fu. Supercoppa, Coppa Italia, scudetto, Champions League.

E, mentre la sua avventura con Conegliano proseguiva vincente (25 trofei in bacheca, mica male) il suo cruccio erano restate le Olimpiadi.

«Peccato che la carriera in nazionale di Monica sia finita così», aveva detto nel settembre scorso Daniele Santarelli, marito e coach, consapevole che la porta sarebbe rimasta chiusa.

Invece, allontanato Mazzanti, Parigi è tornata realtà. Velasco l’ha messo in chiaro subito, appena dopo la sua nomina: «Il libero dell’Italia, De Gennaro, è la più forte del mondo». Lei mica poteva smentirlo: quindi ha vinto con la Prosecco Doc anche (non solo, certo) per cercare la sua grande rivincita. Mai aveva passato i quarti olimpici, mai aveva vinto una medaglia. A 37 anni, ultima chance.

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«Le più forti siamo state noi»

«Sono molto emozionata», ha detto a caldo, «è una bella sensazione tenersi questa medaglia al collo. Rappresenta il sacrificio per ogni giorno che si va in palestra. Sapevamo che affrontavamo i campioni olimpici, la loro forza ci era nota, ma noi abbiamo pensato che era una partita, la nostra, e se uno dà il massimo e poi gli altri sono più forti va bene così. Però questa volta i più forti siamo stati noi. Per me era l’ultima occasione, tra 4 anni spero che ci saranno molte di queste ragazze che sono giovani. Non pensavo neanche di arrivare a Parigi dopo Tokyo, quindi sono felice. La dedico a tutta la mia famiglia, anche nei momenti difficili sono sempre stati al mio fianco. Penso che abbiamo disputato un grande torneo, non è stato facile, siamo sempre rimaste sul pezzo in ogni partita, in ogni punto, da fuori magari sembra facile ma non lo è, sprechiamo energie non solo fisiche ma anche mentali per spingere palla dopo palla, e l’abbiamo fatto molto bene. È un grande gruppo, quando una non gira c’è l’altra, lavoriamo come squadra è questa è la cosa più importante. E adesso ci godiamo questa medaglia d’oro».

L’ha celebrata anche Marco Fantasia, inviato Rai (bello anche il ricordo per la “nostra” Sara Anzanello e per Paolone Sartori, l’oro va dedicato anche a loro), l’ha celebrata anche l’Olimpiade stessa che l’ha inserita nel sestetto ideale, con Egonu (mvp), Orro, Sylla, Danesi, l’ex Imoco Ogbogu e la futura pantera Gabi.

Ma è l’intero cammino a sottolineare che il miglior libero del mondo sia coneglianese d’adozione, che da undici anni ha preso residenza dalle nostre parti per cambiare la storia della pallavolo a tinte gialloblù, e voleva a ogni costo riscrivere la storia anche in azzurro.

Potrebbe anche annunciare l’addio alla Nazionale? Farebbe anche bene, per carità, lasciare da vincente, quando lo decide lei, mica per scelte di altri. La speranza è che non sia così, visto che questo gruppo (e mancavano Pietrini, Bonifacio, Degradi...) può prendersi anche i prossimi trofei. Il mondo Imoco si augura che decida di lasciare il volley il più tardi possibile.

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E poi muro e servizio Conegliano-style

Giocano nello stesso ruolo (più o meno), nello stesso club, nella stessa nazionale, hanno la stessa età, si intendono dentro e fuori dal taraflex, dall’11 agosto sono anche campionesse olimpiche. Quando la salita è lunga e ripida il panorama è magnifico agli occhi.

E chissà quanto brilla la medaglia d’oro agli occhi di Sarah Fahr e Marina Lubian, protagoniste con l’Italia di Julio Velasco a Parigi.

Un traguardo storico per lo sport italiano a culmine di un percorso brillante del volley azzurro, Marina e Fahr hanno vinto tanto, anche il futuro è dalla loro parte. Giovanissime (classe 2000 e 2001), vivono la pallavolo ad alti livelli da un lustro e sono entrate nella quotidianità dei tifosi dell’Imoco da diverse stagioni.

Sarah ha avuto più protagonismo di Marina a Parigi e ha disputato un torneo in crescendo: strepitosa contro Turchia e Usa in finale, Fahr si è già inserita nella categoria di giocatrici che cambiano ritmo nelle partite che contano. 23 anni solo il prossimo 12 settembre, dal 2020 all’Imoco, superfluo fare la conta dei trofei. È stata la miglior centrale dei Giochi in una nazionale che è passata alla storia, ma per comprendere la straordinarietà del percorso dell’azzurra basta portare indietro le lancette di 12 mesi.

Fahr si approccia alla stagione 23/24 dopo aver rinunciato all’Europeo con l’Italia di Mazzanti, sta ancora recuperando dal secondo infortunio al crociato, il più rognoso per uno sportivo. Si rimbocca le maniche, entra in condizione, prende ritmo e diventa una montagna insuperabile in Italia, Europa e nel mondo. Sarà anche per l’ambiente Imoco, per l’abitudine a stare ad alti livelli fin da ragazzina, ma esistono confini che non si superano senza l’X factor del campione. Oltre ad essere diventata una giocatrice vincente, Sarah Fahr ha rispettato davvero tutte le aspettative come se gli infortuni non le fossero mai capitati. Oltre alla doppietta Nations League e Olimpiadi in azzurro aveva vinto un oro e un bronzo europeo oltre all’argento mondiale del 2018.

La rassegna intercontinentale giapponese fu la prima che la mise insieme nella nazionale senior azzurra con Marina Lubian. Anche per la piemontese non è stato tutto rose e fiori: affermatasi come un centrale di riferimento con Mazzanti, Lubian non fu convocata a Tokyo nel 2021.

Ci andò Fahr e ci andò Cristina Chirichella, ora si ritroveranno tutte e tre a lottare per la stessa maglia a Conegliano. Lubian ha imparato da The Queen Robin de Kruijf, ha condiviso un percorso di successo con Sarah e si è adattata ad ogni situazione. In campionato è eccezionale, il suo servizio è una soluzione utile in ogni situazione.

Anche lei ha aperto la bacheca 6 volte nell’ultimo anno, una stagione più straordinaria non era ipotizzabile. E anche in azzurro ha tolto tante castagne dal fuoco, sia dai nove metri che con la sua proverbiale fast. Santarelli le applaude ai piedi del podio, l’Italia venera le sue centrali d’oro. —

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