Femminicidio Cecchettin, il pm chiede l’ergastolo per Turetta

Turetta in aula per la requisitoria del pm, Gino Cecchettin non c’è. Il pubblico ministero Petroni: «Nessuna volontà di suicidarsi. Solo un ricatto». Papà Gino: «Io sono già morto dentro»

Turetta in aula per l'udienza del processo per il femminicidio di Giulia Cecchettin (ph Tagliapietra/Interpress)
Turetta in aula per l'udienza del processo per il femminicidio di Giulia Cecchettin (ph Tagliapietra/Interpress)

Ergastolo: è questa le richiesta formulata dal pubblico ministero Andrea Petroni per Filippo Turetta.

Turetta, omicida reo confesso del femminicidio di Giulia Cecchettin, la ventiduenne di Vigonovo uccisa l’11 novembre 2023, è presente anche oggi, 25 novembre, nell'aula della Corte d'Assise di Venezia, per seguire la terza udienza del processo a suo carico. Indossa una felpa rossa.

Processo Turetta, le parti civili chiedono 2,1 milioni: «Giulia sia simbolo per tutti»
L'avvocato Nicodemo Gentile, legale di parte civile per conto di Elena Cecchettin (foto Matteo Tagliapietra/Interpress)

 Il pm Andrea Petroni dopo due ore e 20 di requisitoria ha chiesto il carcere a vita per Turetta.

Non è invece presente Gino Cecchettin.

Turetta era comparso per la prima volta davanti ai giudici il 28 ottobre scorso, per essere interrogato. 

«Sono riuscito a non odiare Filippo Turetta»

(Gino Cecchettin , papà di Giulia)

 

La requisitoria del pm

«L'omicidio di Giulia Cecchettin ha rappresentato l'ultimo atto del controllo che Filippo Turetta voleva esercitare sulla ragazza». Il pm Andrea Petroni ha inquadrato in questo contesto il delitto nei primi passaggi della requisitoria.

«Il rapporto tra Giulia Cecchettin e l'imputato è caratterizzato da forte pressione, dal controllo sulla parte offesa, sulle frequentazioni e sulle amicizie, sulle uscite»,  ha argomentato  il rappresentante dell'accusa.

Il pm Andrea Petroni durante la requisitoria
Il pm Andrea Petroni durante la requisitoria

Nelle prime battute del suo intervento, Petroni ha voluto anticipare che «non ci saranno riflessioni sul femminicidio come tematica o alla Giornata di oggi, simbolo contro la violenza contro le donne, perchè in questa sede si accertano solo responsabilità individuali».

Per il pm, Filippo Turetta non ha mai realmente voluto togliersi la vita, anzi avrebbe cercato di manipolare non solo Giulia Cecchettin ma anche la magistratura cercando di giustificare la sua fuga in Germania col corpo della ragazza sostenendo di avere girovagato in auto per cercare il coraggio di farla finita.

L'ingresso di Turetta in aula
L'ingresso di Turetta in aula

«La prospettazione del suicidio», ha detto in aula Petroni, «è fatta in modo esclusivamente ricattatorio e, per quello che riguarda la fuga in giro per l'Italia, a mio avviso lui parla della volontà di prendere tempo per trovare il coraggio di farla finita in chiave vittimistica. La verità è  che è stata una fuga vera e propria».

Già un anno prima di essere uccisa, Giulia Cecchettin era vittima di «atti persecutori» da parte di Filippo Turetta.

Il pm Andrea Petroni ha ricostruito messaggio per messaggio le comunicazioni tra i due ragazzi per arrivare alla conclusione che «con ogni certezza, il reato di atti persecutori e diverse condotte di maltrattamenti erano già consumati».

In particolare, il magistrato si è riferito alle «richieste ossessive di Turetta di stare sempre vicini, alle richieste di studiare insieme su zoom, alle richieste di martellanti di non uscire con Tizio o Caio».

«Ci sono già i principi della violenza fisica, ci sono le minacce quando dice “la mia vita è finita e anche la tua se non ci laureiamo insieme”».

«Difficile trovare una premeditazione più provata di questa», ha ribadito Petroni.

 A fine requisitoria la richiesta dell’ergastolo.

Femminicidio Cecchettin, ecco la richiesta di ergastolo del pm

Nonna Carla al processo Cecchettin: "Turetta? L'ho annullato"

Cosa viene contestato a Turetta

 I capi d'imputazione sono pesanti: omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, dalla crudeltà e dall'efferatezza. Cui si aggiungono stalking, sequestro di persona, occultamento di cadavere e porto d'armi continuato, che potrebbero comportare una condanna all'ergastolo.

Filippo Turetta in aula
Filippo Turetta in aula

Dopo il pm - davanti alla Corte presieduta da Stefano Manduzio - sarà la volta dei legali delle parti civili ovvero il padre di Giulia, Gino, i due fratelli Elena e Davide, la nonna e lo zio. In aula non c'è per la prima volta Gino Cecchetttin, che nell'udienza precedente, la seconda, aveva visto in faccia dopo un anno Turetta, che si è presentato per essere interrogato in virtù del rito che ha accelerato il processo: la sentenza, una volta sentita l'arringa della difesa, è prevista per il 3 dicembre prossimo.

Giulia Cecchettin, un anno dopo il femminicidio: il nostro videoracconto tra Torreglia, Vigonovo, Mestre e Barcis

Papà Gino: «Io sono già morto dentro»

«Mi aspetto solo che vengano applicate le leggi. Io sono già morto dentro di fatto. La mia battaglia, ma preferirei chiamarla il mio percorso, è fuori dall'aula. Per me non cambierà nulla, Giulia non la rivedrò più». Lo ha detto Gino Cecchettin, intervistato nel corso di “5 in condotta” su Rai Radio 2, a proposito della richiesta di ergastolo nel processo a Filippo Turetta.

«L'unica cosa che posso fare - ha proseguito Cecchettin - è prodigarmi, come farebbe Giulia, per fare in modo che ce ne siano il meno possibile di casi come il suo, di genitori che debbano piangere una figlia morta. Io so cosa vuol dire e lavorerò per questo».

Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova