Il presidente dell’Ordine dei giornalisti: «In Veneto nascosto un femminicidio, inaccettabile in una democrazia»
Dopo la denuncia dell’Ordine dei Giornalisti Veneto, una dura condanna anche da parte di quello nazionale sul caso di Nicoleta Rotaru. Il presidente Bartoli: «Non è stata data una notizia di interesse pubblico»

La notizia di un sospetto femminicidio che emerge un anno dopo il fatto.
E quella dell’arresto del presunto assassino, arresto avvenuto a marzo quando si celebra la Giornata contro la violenza sulle donne, venuta alla luce a distanza di mesi.
Se non fosse stato per il lavoro dei giornalisti, della morte di Nicoleta Rotaru, nessuno avrebbe saputo nulla: una donna sparita nel silenzio generale, cancellata. Perché nessuna fonte istituzionale ha ritenuto di dare notizia di quello che le è accaduto.
Un fatto che ha spinto l’Ordine dei Giornalisti del Veneto prima e ieri anche quello nazionale, a denunciare con forza la situazione richiamando la riforma Cartabia.
«Per sei mesi la notizia dell’arresto di un presunto assassino è stata tenuta nascosta da magistrati e forze dell’ordine, come se l’uccisione di una donna da parte del marito non fosse una notizia che l’opinione pubblica deve sapere», si legge nella nota dell’Ordine nazionale, «È accaduto a Padova e il caso è venuto alla luce solo grazie a giornalisti che si ostinano a continuare a svolgere il proprio lavoro, quello di informare i cittadini, nonostante gli ostacoli frapposti da legislatore e inquirenti; con i secondi che, immotivatamente, interpretano la legge Cartabia con modalità ingiustificatamente restrittive».
Il tutto, sottolinea l’Ordine, mentre i femminicidi sono un’emergenza sociale.
«I magistrati, pur nel rispetto della legge, hanno il dovere di informare i cittadini. La presunzione d’innocenza non c’entra nulla con la censura di notizie di rilevante interesse pubblico», conclude la nota.
Carlo Bartoli, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, non nasconde la preoccupazione per la situazione che va a toccare i principi stessi della democrazia.
Nella nota si parla espressamente di notizia nascosta.
«È qualcosa di più grave, che va oltre la notizia nascosta. Non fornire notizie è tipico di Paesi che non sono democratici. In tutto il mondo si dà notizia tempestiva di un arresto. Stiamo vedendo orizzonti che non ci piacciono e che non appartengono al nostro sistema democratico».
Quanto successo a Padova è un segnale d’allarme non solo per la libertà di stampa, ma per l’intero sistema democratico?
«È un aspetto preoccupante. Principio cardine della democrazia è la pubblicità del processo. Il controllo dell’opinione pubblica non è condizionamento. E questo è l’equivoco che si è venuto a creare. Come Ordine abbiamo fatto l’ebook “Informazione e giustizia” che individua le censure fatte e quello che potrebbe avvenire in futuro. Perché non è finita qui.
Ci sono altre leggi in prospettiva, come quella sulle intercettazioni contenute negli atti pubblici: se attuata nelle forme in cui è stata approvata, calerà il sipario anche su questo. Tutte le critiche costruttive che abbiamo mosso sono state ignorate: eppure si sono rivelate addirittura sottodimensionate. Si pensi per esempio all’accoltellamento emerso tre giorni dopo. E in questo modo si rischia di creare allarme sociale perché, non sapendo più niente sugli sviluppi, si finisce per presumere che giustizia non venga fatta».
Il caso di Nicoleta è quello di un femminicidio non comunicato proprio in un momento storico in cui l’allerta sul fenomeno è massima e proprio nella terra di Giulia Cecchettin.
«Quanto accaduto è un fatto gravissimo. Si iscrive in una dinamica per cui i procuratori sono sotto pressione, costretti a fare un lavoro che non è il loro».
Le riforma Cartabia prevede che le informazioni su procedimenti giudiziari vengano date tramite comunicati ufficiali oppure nei casi di particolare rilevanza pubblica tramite conferenza stampa. Per cui qui siamo oltre l’effetto Cartabia.
«È una stortura della Cartabia perché è una legge fatta male e sbagliata. Tutto viene affidato alla discrezionalità del procuratore costretto in questo modo a fare un mestiere che non è il suo con il rischio che, nel dubbio, non vengano più date le notizie. Ed è appunto quello che accade. Ora è importante mantenere alta l’attenzione denunciando tutte le storture. A Termini Imerese, dopo la nostra nota, il procuratore ha deciso di fare la conferenza stampa».
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