Schlein: «Noi, una coalizione alternativa alle destre su sanità, lavoro, diritti»

La segretaria dem alla vigilia della tornata delle europee fa il punto su programmi e obiettivi. Venerdì 7 sul palco a Padova per la commemorazione di Berlinguer: «Recuperiamo la sua lezione»
Carlo Bertini
Elly Schlein su Berlinguer
Elly Schlein su Berlinguer

E’ la 121esima tappa del suo tour elettorale, ma quella del 7 giugno a Padova per Elly Schlein, segretaria del Pd, è la più importante. Non a caso ha deciso di tenere il comizio di chiusura nella stessa piazza dove 40 anni fa, il 7 giugno del 1984, Enrico Berlinguer, leader dei comunisti italiani, pronunciò il suo ultimo discorso.

Quasi a simboleggiare una ritrovata connessione sentimentale tra il Pd e il suo popolo di riferimento. «Era l’unico posto dove potevamo essere in questa ricorrenza, anche quello era un comizio per la chiusura di una campagna per le europee, essere qui è un modo per rendere un contributo alla memoria di uno dei più grandi politici europei e non soltanto italiani».

Quale lezione politica eredita da lui?

«Sicuramente la vicinanza a lavoratrici e lavoratori, una cosa importante da recuperare per la sinistra, non solo in Italia, ma in Europa: Berlinguer aveva quella straordinaria capacità di rappresentarne le istanze e di portare dentro la sua voce quel tratto di vicinanza, umanità ed empatia con le condizioni di chi fa più fatica».

Oltre ad aver anticipato di un decennio il tema della questione morale, aveva anche capito prima di altri il peso nella società del movimento femminista?

«Assolutamente sì e fa male constatare che, dopo quattro decenni, purtroppo le condizioni delle donne non sono migliorate molto, specie nel lavoro, dove scontano una retribuzione inferiore a quella dei maschi. In media percepiscono il 13 per cento in meno sul salario, mentre il gap pensionistico è pari al 28 per cento. Ciò significa: maggiore fatica ad accedere al lavoro e nella progressione delle carriere. Io contesto a Meloni di essere la prima premier donna di un governo che ogni giorno fa scelte contro le donne: taglia la sanità pubblica e il sociale e questo vuol dire che il carico di cura rimane sulle spalle delle famiglie e delle donne».

A proposito di Meloni, l’ha sfidata a dire che lei non sarebbe una leader democratica. Vuole risponderle?

«Tutti i giorni cerca di decidere cosa devo dire io. Non sono un juke box e sono stufa che mi chieda conto di cose che non ho mai detto. Credo sia un tentativo di distrazione di massa: per non rispondere alle nostre domande su sanità pubblica, salario minimo, ogni giorno prova a riportare il dibattito su di sé. Penso che invece debba rispondere alle preoccupazioni concrete, anche di tante persone che hanno votato per lei. Agli elettori interessa questo, non le sue ripicche personali».

In qualche modo le ha fatto un favore che può portarle voti nel riconoscerla come sua unica avversaria, no?

«Penso che, essendo a corto di argomenti, le venga più facile tornare sul terreno identitario e scegliersi un nemico al giorno. Che spesso sono io, sì, ma sarei più preoccupata del contrario».

Almeno su una cosa siete d’accordo, non togliere le restrizioni all’uso delle armi italiane in Ucraina, senza sconfinare in Russia. Scelta che ha isolato l’Italia in Ue...

«Siamo per evitare un’escalation pericolosissima che si traduca in un ingresso diretto dell’Ue in guerra, ma abbiamo sempre sostenuto il diritto all’autodifesa del popolo ucraino, che subisce un’invasione criminale da parte della Russia».

Voterete il prossimo decreto che finanzia le armi?

«Ancora non abbiamo visto nessun testo, è prematuro».

Lei guida un partito diviso sul pacifismo, come dimostrano le uscite di alcuni candidati sulla Nato, che fanno storcere il naso a mezzo partito. Organizzerà una conferenza per arrivare a una sintesi comune sul tema più delicato?

«Tutti i giorni sono al lavoro per fare sintesi di un partito plurale, che è un valore rispetto ai partiti personali dove decide il capo. Anche in questa campagna abbiamo tenuto il partito compatto su un altro tema importante, il cessate il fuoco a Gaza per liberare gli ostaggi, portare gli aiuti umanitari e fermare questo inaccettabile massacro di civili».

Sull’ambiente, la destra combatte green deal e “follie” delle case green. Quali le vostre proposte in Ue?

«Vogliamo investimenti comuni, ne ha bisogno l’Italia che ha un sapere importante, ma non siamo come la Germania che anche da sola sta realizzando poderosi investimenti su nuove filiere dei chip, delle batterie e delle energie rinnovabili. Noi abbiamo un potenziale enorme, lo dicono le nostre imprese; serve un’Italia che abbia un piano industriale e un’Europa che continui a sostenere le aziende e gli agricoltori nei cambiamenti che sono necessari. Non li aiuteremo negando l’emergenza climatica, perché gli agricoltori sono le prime vittime di quella emergenza. Se li vogliamo aiutare dobbiamo avere un bilancio più forte e investimenti comuni per la transizione digitale ed ecologica. Il green deal è un tipo di industria diversa in cui l’Italia può fare scuola, come avvenuto in alcuni settori in Veneto sull’economia circolare, con soluzioni tecnologiche tra le più avanzate».

Insomma, vuole dire che la transizione ecologica può convenire alle imprese?

«Se si rende conveniente la transizione, abbiamo un grande potenziale sull’energia pulita, che vuol dire risparmiare in bolletta e ridurre le emissioni. Se c’è un Paese che ha bisogno di efficientare il patrimonio edilizio, è l’Italia. Invece di piagnucolare, il governo perché non chiede un fondo all’Europa per questo, che è un obiettivo europeo? La destra nazionalista di Meloni e Salvini invece vuole fermare gli investimenti comuni europei».

Per la scelta dei prossimi vertici Ue, che ne pensa di Mario Draghi per la presidenza della commissione o del Consiglio?

«Penso che sia una figura straordinariamente autorevole in Italia e in Europa. Noi sosteniamo alla presidenza della commissione il candidato socialista, Nicholas Schmidt, commissario uscente al lavoro, perché abbiamo bisogno di istituzioni formate da candidati effettivamente votati, principio sconfessato con la nomina di Von der Leyen. Vogliamo riformare i trattati, superare l’unanimità ed eliminare alcuni errori che si sono creati in Europa».

Cosa farà in concreto dopo il voto, per costruire una coalizione alternativa alle destre in Italia?

«Cerco di costruire alleanze sui temi da quando sono arrivata. Abbiamo 3700 Comuni dove abbiamo costruito alleanze sui temi. Sulle singole questioni, sanità, lavoro, diritti, sono convinta che con le altre opposizioni si possa costruire una convergenza».

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