Accoltellamento mortale a Treviso, c’è la pista della premeditazione
Continuano le indagini sulla tragedia costata la vita a Francesco Favaretto, 22 anni, per capire chi abbia sferrato il colpo risultato fatale. Al momento dell’identificazione, alcuni dei presenti avevano ancora gli abiti insanguinati
Un fendente al torace, poi una raffica di coltellate, infine un ultimo colpo sferrato con un coccio di bottiglia che ha raggiunto Francesco Favaretto al collo.
Questa la sequenza delle ferite inferte al 22enne di San Liberale nel tentativo di rapinarlo delle droga che aveva con sé. Una quantità modica di hashish, ma sufficiente a riscuotere un debito non pagato.
L’esito della perizia medico-legale richiesta dalla procura di Treviso sul corpo del giovane deceduto ieri sarà un altro tassello importante per chiarire l’esatta dinamica dell’aggressione e stabilire quale delle ferite ne abbia provocato, dopo dieci giorni, la morte, e chi l’abbia sferrata.
Un’esplosione di violenza fulminea e brutale, hanno sottolineato gli inquirenti nella conferenza stampa di ieri in Procura, mentre a distanza di pochi chilometri Francesco esalava l’ultimo respiro. Una violenza a cui hanno partecipato dieci giovani, sei dei quali minorenni.
Dei quattro maggiorenni, due sono già in carcere e oggi li attende l’interrogatorio di garanzia. Fra i destinatari della misura cautelare in carcere c’è anche un 15enne, indagato dalla procura minorile. Da ieri l’accusa che grava sulle loro spalle è di omicidio volontario e rapina aggravata. Ma il quadro potrebbe aggravarsi nel caso, ipotesi al vaglio degli inquirenti, emergessero evidenze sufficienti per provare che l’aggressione a Francesco fosse premeditata.
Una tesi, questa, che spiegherebbe perché i partecipanti siano arrivati all’incontro armati, e abbiano colpito le zone più sensibili, come se volessero uccidere di proposito.
Per risalire ai responsabili gli agenti della squadra mobile, coordinati da Luca Lovero, hanno incrociato la testimonianza dell’amica della vittima con le immagini delle videocamere di sorveglianza e le prove raccolte durante la perquisizione delle case degli indagati che davanti agli agenti hanno mostrato arroganza e indifferenza.
Pensavano di farla franca, almeno fino al giorno dell’arresto, tanto che alcuni di loro sono stati identificati il sabato successivo all’aggressione, in centro, con addosso ancora gli abiti sporchi di sangue. Al setaccio anche i profili social e i telefoni dei ragazzi, incastrati anche grazie alle intercettazioni telefoniche.
Nessuna traccia al momento del coltello che uno dei tre ragazzi in carcere avrebbe estratto durante l’aggressione, colpendo ripetutamente Francesco al busto e poi al collo.
Gli inquirenti hanno cercato l’arma sul fondale del Sile con l’ausilio dei sommozzatori di Venezia che dalle acque del fiume sono riusciti però a recuperare il cellulare del 22enne, lo stesso che la banda gli ha sottratto assieme alla borsa durante la rapina.
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