Turetta lunedì a processo: le foto che lo incastrano, oltre la confessione
Delitto Cecchettin: le prove dentro all’auto della fuga, i biglietti manoscritti, le ricerche sul computer. Le immagini che parlano da sole, con un solo dubbio: sarà ergastolo?

Venerdì sera ampi stralci dell’interrogatorio fiume di Filippo Turetta davanti al pm Andrea Petroni il primo dicembre 2023, nel carcere di Verona, sono stati trasmessi su Rete4 nel corso della puntata di Quarto Grado. Negli spezzoni del video – consultabile interamente qui – dell’interrogatorio si vede Turetta guardare sempre a terra, mentre risponde al magistrato, senza mai una lacrima.

Un documento che arriva a pochi giorni dall’inizio del processo in Corte d’Assise a Venezia, lunedì prossimo 23 settembre, alla quale però la difesa ha annunciato che l’imputato non sarà presente.
Una decisione che appare in linea con la scelta della difesa di evitare la spettacolarizzazione sui media del dibattimento. Il legale del giovane, l’avvocato Giovanni Caruso, ha spiegato in altre occasioni che la scelta del low profile è motivata anche dal percorso «di consapevolezza e maturazione personale di Turetta rispetto al grave delitto commesso». Ecco alcune delle immagini mostrate dalla trasmissione e tratte dal fascicolo a carico di Turetta.

La doppia aggressione
Sei minuti di strada, meno di cinque chilometri. Da un parcheggio nel centro abitato di Vigonovo ai capannoni artigianali della zona industriale di Fossò. Da un testimone che vede i due ragazzi litigare alle telecamere dello stabilimento di scarpe Dior che riprendono la scena in cui Filippo Turetta aggredisce con violenza la sua ex Giulia Cecchettin, la carica nella Punto nera e sparisce, alle 23.30 di sabato 11 novembre.
È poco dopo le 23, mentre è vicino a casa, che un ragazzo sente delle urla e si affaccia al parcheggio di Vigonovo che si allarga tra piccoli condomìni, un paio di villette a schiera e la scuola dell’Infanzia San Giovanni Bosco. Più in là ci sono le reti rosse di un cantiere e a poche decine di metri la casa della famiglia Cecchettin, in via Aldo Moro.
Gino, il padre di Giulia, a quell’ora è sul divano del soggiorno ma il parcheggio è troppo lontano per intercettare le richieste di aiuto. Le sente invece il testimone. Vede due ragazzi che litigano, lei che chiede aiuto e il ragazzo che la trattiene in macchina. Il testimone si preoccupa, afferra il telefonino e digita il 112. Mentre è al telefono con i carabinieri, l’auto scura parte a tutta velocità. Quando i militari arrivano al parcheggio non ce n’è più traccia.




La macchina che “parla"
Il Luminol usato dai Ris rischiara di blu scuro le aree della macchina con tracce di sangue: basta questo, per fare capire l’orrore dentro alla Fiat Punto Grande. Nell’auto, a ben vedere, c’è tutto: da una bottiglia di Sambuca vuota a una foto di Giulia appiccicata al cambio; dal peluche regalato alla giovane studentessa poche ore prima ai mozziconi delle sigarette fumate durante la fuga.









Delitto premeditato?
L’accusa contesta a Turetta il delitto premeditato, ma su questo – una aggravante da ergastolo, la più robusta – sarà certo battaglia nell’aula della Corte d’Assise. Molti elementi depongono a favore di questa tesi, ma non è affatto scontato che venga riconosciuta. Soprattutto, la giovane età, l’incensuratezza e il ravvedimento – se verrà riconosciuto come tale dai giudici togati e paralleli – giocheranno certamente a favore dell’imputato, nel bilanciamento tra aggravanti e attenuanti.


Cosa succede lunedì

Si tratta di una prima udienza organizzativa, di costituzione delle parti e presentazione delle liste testi, ma comunque di un processo molto atteso, tanto che per evitare “l’effetto show” il presidente della Corte Stefano Manduzio ha limitato a 20 i posti riservati al pubblico e altrettanti ai giornalisti, ammettendo per le riprese solo la troupe Rai. Per questo Turetta potrebbe non esserci, lunedì: non per mancare di rispetto alla Corte, ma per non attirare i riflettori. Profilo basso. Il suo tempo verrà.
Lunedì 16 settembre, scadevano i termini per la presentazione della liste testi e l’avvocato difensore Giovanni Caruso ha presentato solo quello del proprio consulente medico legale, confermando anche che non sarà avanzata richiesta di perizia psichiatrica. Indagine nella mente di Turetta che - nel caso - potrebbe disporre di propria iniziativa la Corte (accanto al presidente Manduzio, la giudice Francesca Zancan e i sei giurati popolari, che proprio lunedì hanno prestato giuramento).
In aula, lunedì - accanto all’avvocato di parte civile Stefano Tigani - ci saranno il papà e la sorella di Giulia: Gino e Elena Cecchettin, che da quel terribile 11 novembre - quando la giovane bio-ingegnera che amava la grafica per bambini scomparve nel nulla, fino al ritrovamento (una settimana più tardi) del suo corpo straziato, nascosto nell’anfratto di una scarpata nel “nulla” delle strade di novembre attorno al lago di Barcis - sono diventati la voce della figlia, della sorella e delle donne e ragazze vittime di femminicidio in Italia.
E lo faranno una volta di più dal banco dei testimoni: Gino e Elena Cecchettin sono, infatti, tra i trenta testi nella lista depositata dal pubblico ministero Andrea Petroni, chiamati a ricostruire in aula la tragedia di una vita spezzata a 22 anni da 75 coltellate.
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