Solo mercoledì 20 in allegato gratuito con il Mattino di Padova il nostro calendario 2024

Un anno con i paesaggi più belli del Veneto fotografati da Arcangelo Piai: «La bellezza è ovunque, ma bisogna andarsela a cercare»

Lorenza Raffaello
Il particolare di una delle fotografie del calendario 2024 firmato Arcangelo Piai
Il particolare di una delle fotografie del calendario 2024 firmato Arcangelo Piai

«La bellezza? La si trova in tutte quelle interferenze alla perfezione, che sia una luce particolare o un’inquadratura atipica ed è lì che esce l’anima».

Arcangelo Piai, maestro trevigiano della fotografia industriale e del paesaggio, ha firmato con le sue opere il nostro calendario 2024, che sarà in allegato gratuito al giornale solo mercoledì 20 dicembre. E per raccontare il suo lavoro, parla di anima. Chi pensa che l’anima, nella fotografia, riguardi solo i ritratti, si sbaglia. Dodici scatti che rappresentano il veneto.

Arcangelo Piai, il fotografo che firma il nostr calendario
Arcangelo Piai, il fotografo che firma il nostr calendario

Come ha selezionato le foto?

«Il nostro obiettivo era quello di dare una versione non usuale di un determinato paesaggio. Il Veneto è una terra che racchiude diversità e ricchezza da un punto di vista paesaggistico. Ad esempio, per la foto di gennaio abbiamo scelto le colline di Farra di Soligo coperte di neve. Solitamente le immagini che vediamo di quella zona sono state scattate in primavera, la neve conferisce a quel paesaggio una nuova dimensione. Quella di febbraio, invece, l’ho scelta perché mi piaceva l’effetto quasi grafico dato dalle foschia, sembra quasi un disegno. In tutti gli scatti c’è qualche particolare che regala anche ad un paesaggio già visto, un aspetto nuovo. Per esempio non tutte le foto sono state scattate negli orari canonici per la luce, come nella foto scelta per il mese di novembre. Sono arrivato al Giardino Monumentale di Valsanzibio alle 15, lo scorso novembre, e sono riuscito a prendere gli ultimi raggi prima che il sole sparisse dietro la collina».

Quindi gli scatti possono essere anche estemporanei?

«Non smetto di fotografare quando esco dallo studio, porto sempre una macchina fotografica, ho questo vizio, quindi tante foto sono frutto di un momento».

Come è nata la passione per il paesaggio?

«Ho scelto di specializzarmi nel paesaggio perché ho sempre avuto la voglia di documentare quello che abbiamo intorno, di far vedere anche dal mio punto di vista le bellezze che ci circondano, mettere in risalto quello che abbiamo e forse non vediamo più».

Uno scopo nobile…

«Sono idealista e romantico. Condivido la frase secondo cui “la bellezza salverà il mondo”, penso che se uno vede un paesaggio così bello, come il santuario Madonna della Corona, faccia fatica a dire lo butto giù e ci metto una fabbrica. Sono convinto che documentare quello che c’è di bello permetta anche di conservarlo».

Lo vede come obiettivo del suo lavoro?

«Alcune foto lo ho fatte per progetti particolari, come quelle per servite per il dossier Unesco. Ho dato il contributo perché il territorio sia stato riconosciuto come luogo Unesco. Ho fatto qualcosa di utile perché le mie foto hanno permesso di vedere quali sono gli aspetti importanti del territorio».

Molti ritengono che le emozioni passino attraverso i ritratti. Cosa ne pensa?

«Anche i paesaggi hanno un’anima. Ogni foto, dal ritratto al paesaggio, è una specie di autoritratto, c’è una parte di me, qualcuno dice che fotografiamo quello che siamo quindi c’è la mia anima che emerge. Nelle mie foto c’è sempre qualche interferenza al paesaggio da cartolina, l’anima di qualcosa viene fuori anche attraverso piccole imprecisioni, cerco di trovare piccoli scostamenti in una foto perché sono lo specchio di quello che sono e vedo io, è il bello della fotografia».

Quanto conta l’istinto mentre si scatta una foto?

«Prima di mettermi all’opera, studio i luoghi, ma quando sono là cerco di cogliere oltre quello che avevo preventivato, credo che sia interessante essere colto dalla sorpresa e farsi meravigliare».

Quale è la cosa che più la meraviglia?

«La luce. Ha il potere di dare risalto o meno ad un paesaggio o ad un soggetto. È quando trovo la luce giusta, è in quel momento che sento di aver fatto la foto giusta e mi sorprendo».

Tanti suoi colleghi ritengono imprescindibile utilizzare una determinata strumentazione. Anche lei è un purista del mezzo?

«Lo trovo riduttivo, si usa quello che è lo strumento più appropriato. Non sono un purista, riconosco per certe cose che il drone è lo strumento più giusto nonostante la qualità sia minore. Il segreto è sempre lasciarsi stupire».

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