A Roma i funerali di Maurizio De Luca

Attorno alla moglie Gabriella, ai figli e ai nipoti tanti colleghi giornalisti, Gian Carlo Caselli, Visco, Casson, Dalla Chiesa. L’omelia di don Ciotti

ROMA. «So come salutare Maurizio mio…» dice Gabriella, per 47 anni moglie, compagna di vita di Maurizio De Luca, fiorentino, scomparso due giorni fa a 71 anni. La voce è un po’ rotta, non proprio ferma. Don Ciotti le lascia la parola mentre nella chiesa di San Roberto Bellarmini, piazza Ungheria, si sentono ancora risuonare le note di “The sound of silence”. Brano cult di Simon & Garfunkel, una scelta singolare per un funerale. A salutare il giornalista, già vicedirettore de L’Espresso, direttore dei giornali veneti del Gruppo e dell’Agl, responsabile editoriale dei quotidiani locali Finegil, sono venuti in tanti: magistrati amici, colleghi, direttori, come Bruno Manfellotto, Luigi Vicinanza, Antonello Francica, Omar Monestier, Stefano Tamburini, Andrea Iannuzzi, ed ex direttori, Sergio Baraldi, Ojetti, Pier Vittorio Buffa, giornalisti, quali Marco Damilano, Alessandra Sardoni.

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Defilato, all’ombra di un albero davanti al sagrato della chiesa, l’ex procuratore Gian Carlo Caselli riguarda i fogli che poi leggerà durante il funerale, tra cui un passo dell’ultimo libro scritto insieme a Ingroia e De Luca, “Vent’anni contro, dall’eredità di Falcone e Borsellino alla trattativa”.

«Maurizio era un grande, grandissimo amico fraterno, come tale sperimentato in tante occasioni» dice Caselli ricordando la preparazione del loro ultimo libro «noi parlavamo e lui registrava – continua – poi scriveva, ma non era solo un traduttore, era uno straordinario interprete, dotato di intelligenza e sensibilità». Distante pochi passi l’economista, ed ex ministro, Vincenzo Visco, ricorda l’amicizia più che trentennale con De Luca. «I nostri figli hanno studiato insieme dall’asilo al liceo, con loro passavamo il tempo libero, avevamo la stessa visione delle cose rilevanti». Amici di lunga data anche l’ex pm antimafia Vittorio Borraccetti, «la sua morte è per me un dolore profondo. Avevamo una comune passione: il calcio, abbiamo visto mondiali insieme, ma questo riguarda i nostri ricordi privati…»; l’ex giudice e senatore Felice Casson, «mi piace ricordare il suo rispetto per i ruoli “giudice/giornalista”»; lo scrittore, sociologo e politico Nando dalla Chiesa, figlio del Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, «ci siamo conosciuti nell’82, dopo mio padre…ricordo una chiacchierata a piazza Venezia in cui gli ho raccontato cose riservatissime e lui non ha scritto niente. Mi ha colpito molto».

All’arrivo della moglie Gabriella tutti le si stringono intorno, lei saluta e bacia chi si avvicina, è sorridente, si lascia abbracciare. In chiesa racconta pezzi della sua vita con Maurizio: quando si sono conosciuti, «nel ’66 prima dell’alluvione di Firenze», il matrimonio, l’arrivo dei figli, Simona e Jacopo, e poi dei nipoti, Andrea, Federica, Niccolò e Gea. «Sono un po’ vuota, frastornata, ma contenta. Ho un bagaglio di felicità da portarmi dietro e non disperderò la gioia che mi ha dato – la voce di Gabriella si incrina – avevo bisogno di dirglielo».

Nella sua omelia don Ciotti invita i quattro nipoti a stargli accanto sull’altare dopo la lettura del Vangelo di Matteo, “beati quelli che hanno fame si sete e giustizia perché saranno saziati”. «Il nonno è beato – dice don Ciotti rivolgendosi ai nipoti – perché tante volte si è sentito offeso davanti alla corruzione, alla mafia, a tangentopoli, e perché nella sua vita ha scelto la giustizia». Poi è la figlia, Simona, a riportare l’ultimo pensiero: «Vorrei essere almeno un po’ di quello che lui è stato».

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